martedì 12 agosto 2014
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Li abbiamo visti camminare, condividere, aiutare chi era in difficoltà, cantare, sorridere, riflettere, proporre, impegnarsi, chiedere. Con allegria e profondità. Questi sono i 30mila scout tra i 16 e i 21 anni della Route nazionale conclusa domenica dopo sei giorni in cammino e quattro nella 'città delle tende' a San Rossore. Ragazzi speciali? No, semplicemente ragazzi ai quali è stata data fiducia e fatte proposte concrete da adulti credibili. Ragazzi che la sera di sabato hanno fatto festa con la musica rap di Frankie Hi-Energy, ma che nel pomeriggio avevano votato, dopo tre giorni di intenso dibattito, la 'carta del coraggio', documento da portare alle istituzioni che in ogni capitolo mette prima 'ci impegnamo' e solo dopo 'chiediamo'. Documento politico, ma della politica come servizio. Ragazzi che scherzano come tutti i ragazzi, che giocano e amoreggiano come tutti i ragazzi. Ma che sanno e mettono in pratica cosa voglia dire la parola 'servire', impegno della branca rover e scolte. Lo hanno dimostrato vivendo questi giorni accanto ai coetanei scout disabili, tantissimi alla Route, con la naturalezza e la spontaneità di un’amicizia vera. Pagaiando in canoa o imboccandoli. Così come fanno nei loro territori, su tanti fronti del sociale, dell’emarginazione, del dolore, che hanno raccontato nelle 'storie di coraggio'. Ragazzi che accettano la fatica del cammino con lo zaino, perché hanno capito che 'la strada', altra parola scout, è fatica, come la vita. E che, come li ha spronati Papa Francesco, i giovani non devono stare fermi. Che la vita è coraggio e il coraggio è «il contrario del conformismo », come ha detto il cardinale Bagnasco nell’omelia di domenica nell’enorme 'piazza del futuro'. Ragazzi che si sporcano le mani, montando le tende e aprendo i loro cuori a chi è in difficoltà. Non secchioni, non bigotti. Le loro preghiere e riflessioni sulla Parola sono profonde e piene di quella gioia che quell’età può dare. Ragazzi disposti a confrontarsi con gli adulti, non timorosi né chiusi nei loro confronti. Tutto questo è essere speciali? A noi sembra che l’aggettivo più giusto sia 'belli'. Sì, i ragazzi col fazzolettone sono parte della parte bella del Paese, quella che dice 'ci siamo', che non si accontenta di essere il futuro ma vuole essere il presente. Da protagonisti. Zaino e servizio, preghiera e allegria, ascolto e proposta. Sempre con coraggio.
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