sabato 18 dicembre 2010
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È una delle realtà più ostacolate in gran parte dell’età moderna. Ed è una delle parole oggi più abusate. Senza fare gli apocalittici è indiscutibile la progressiva erosione del senso del sacro e della religione nel secolo alle spalle, pur con grandi, eccezionali figure di resistenza. Ma proprio perché la religione è combattuta, non solo in Occidente, e anzi, proprio per meglio sostenere l’offensiva antireligiosa, la parola è abusata.Vengono definiti "religione" svariati fenomeni, inscritti in una sfera ampia e variabile: da quella criminale (sette progettate per estorcere denaro a ingenui ricconi, spesso vip o immature starlette) a quella comica (altre sette che propongono prodigi misteriosofici a livello della kriptonite di Superman) a quella psicofisica, la più ampia, popolata e, nel complesso, rispettabile. In questo caso non si estorce denaro, non si inganna, non si promettono grottesche reincarnazioni, ma si garantisce uno stato di benessere del corpo o della mente (meglio ancora di entrambi), capace di sostituire l’aspirazione per cui l’uomo diviene homo religiosus, la sete di pienezza e d’infinito, l’insoddisfazione per la propria mortale finitudine.In questi giorni un settimanale analizza alcune di queste cosiddette nuove religioni, che si occupano del corpo, della pace interiore, dell’agio esistenziale, e lo fa con una condivisibile e distaccata ironia, che lascia trasparire, al mio occhio in questo caso generoso, una certa preoccupazione.Prima di elencare le principali di queste forme di nuova religione, ricordiamo che Scientology pretende di essere tale, di appartenere cioè a quel mondo meraviglioso in cui da sempre l’anima umana, nelle sue differenti manifestazioni, si incontra: vorrebbe cioè essere al pari del cristianesimo, dell’ebraismo, dell’Islam, dell’induismo, del buddismo, e di tutte le altre forme spirituali in cui l’uomo ha elaborato la propria ricerca dell’assoluto.Certo, rispetto a questo fenomeno e altri affini, sette furbacchione e dal rituale imbarazzante, il nuovo culto della perfezione psicofisica è meno nocivo, ma solo in apparenza. Perché meno arrischiato, e quindi più alla portata, più accettabile.Qualche anno fa leggevo a Milano su certi manifesti di una palestra che si definiva il luogo dove abitano "I nuovi dei". Ero disturbato, io che vado volentieri in palestra: lo slogan mi pareva non solo di cattivo gusto, ma anche offensivo verso la religione del mio Paese. Parlare di dèi riferendosi a giovanotti o anzianotti che si allenano in palestra offende l’idea del nostro Dio uno e trino, ma anche quella degli dèi seri in cui i greci credevano, e che popolano, pur con la loro natura capricciosa e non salvifica, le pagine di Omero e le figure del Partenone. Parlare di religione oggi riferendosi a qualche pratica alimentare, di regola vegetariana, mi pare un attentato al senso del termine. E così per forme di yoga che sono, sì, in origine, legate a una pratica religiosa, ma come strumenti, vie, non come essenze della credenza. Che il fen-shui la capacità di capire lo spazio e lo spirito di un luogo, o la perfezione (?) del proprio corpo, diventino una religione, è inquietante. Questo mentre in nome di una religione vera i cristiani sono massacrati e sterminati, mentre in nome di una religione vera i monaci buddisti sono perseguitati, questo mentre il mondo cristiano conosce un’età di sangue e martirio simile a quella delle sue origini.Per questo la parola religione accanto a certi fenomeni suona offesa al senso religioso dell’uomo. Se questa fosse la religione, se così fosse, avrebbe ragione Marx a definirla "oppio dei popoli". Ma così non è. La religione non è oppio, è vita, sangue, amore e speranza. E non è mai priva di compassione, di sentire comune, fraterno. Altro che nuovi dèi, davanti allo specchio in palestra.
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