giovedì 27 settembre 2012
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Molti pensano – o sperano – che l’attuale chiave per leggere l’Italia sia costituita dalla coppia di termini 'politica­antipolitica'. In realtà la vera natura d’Italia si comprende considerando due termini che sembrerebbero opposti, e che invece la nostra storia e il nostro talento hanno avvicinato. Noi infatti siamo 'mistici e popolari'. Qualcuno vorrebbe che la nostra sempre ferita e mai morente patria si potesse leggere in controluce sulla banalissima opposizione tra furbi, affaristi, avidi politicanti e popolo sdegnato e sdegnoso.Chiunque guardi un poco oltre le gazzette di informazione e il perimetro dei salotti televisivi, si accorge che non è così. Che tale opposizione è una vecchia maschera che gli italiani usano da sempre. Si legga un poco di storia e si vedrà che la cosiddetta antipolitica è sempre stata l’arma dei rovesci politici, e che in definitiva il 'bordello Italia' (termine dantesco) non è di recente invenzione. E che il suo rimedio non è mai stato l’ira di un popolino aizzato da qualche aspirante principe. Tener fissa questa opposizione per leggere l’Italia come stan facendo purtroppo molti leader – politici, opinionisti – porta solo infiniti dissidi, e più fatica, più palude per tutti. Noi invece, siamo 'mistici e popolari'. Che appunto sembra una opposizione. Invece se diciamo: Dante, Michelangelo e, poi, mille e mille capolavori e mille riti, e luoghi e sagre, e opere d’ingegno quasi monastico, e il rinascere di tarante e sacri profani ritrovi, vediamo davanti ai nostri occhi cosa significa che l’Italia è questa natura. Dove il più alto e il più comune si incontrano.Popolare infatti significa 'per tutti' e non 'volgare' come certi media intendono. I nostri capolavori, i nostri grandi geni sono così: con la faccia rivolta al profondo dei cieli e capaci di cose valide per tutti. E se non è mistica e popolare l’Italia non è niente. «Si deve iniziare ogni mattina con Pergolesi…»: Johnatan Demme, premio Oscar che ha dedicato un lungometraggio a Enzo Avitabile, coglie questa frase detta in macchina dal musicista popolare. Chi ci guarda da fuori lo capisce: L’Italia è mistica e popolare. Se non si onora la nostra natura di strano 'mostro' dolcissimo e sorprendente, non si vede né si onora l’Italia. Né si comprende quale sia la nostra reale 'credibilità' e interesse nel mondo. Non si tratta d’essere 'core e passione', d’essere 'senza pensiero', come vorrebbero farci credere alcuni intelligentoni. L’Italia mistica e popolare è l’esito di una tradizione di sapienza e santità e pensiero. O siamo questo o siamo niente. È la nostra virtù. Una specie di incubo per chi invece vorrebbe un popolo senza mistica o una mistica senza popolo. È un impasto indigesto ai benpensanti di questo Paese. Una fede semplice, bambina che si rivolge al cielo e ai suoi segni in terra e un sentirsi niente di meglio di ogni 'povero Cristo' che passa in questo mondo.L’Italia che si esprime spesso in questa musica 'sporca' e ricca di linfe di Avitabile, o dell’altro musico principe popolare, Ambrogio Sparagna o Giovanni Aversano, è anche l’Italia di Dante Alighieri, amato da eruditi e incolti, di Sant’Alfonso Maria de Liguori, il mistico che scrisse «Tu scendi dalle stelle», di Filippo Neri giullare di Dio e di tanti altri, più o meno grandi. Abbiamo bisogno di mistici popolari. Il risentimento populista è il contrario, infatti cerca sempre un padrone a cui votarsi, un padrone in terra invece che un patrono in cielo. Il mistico e popolare sa invece che i presunti padroni in terra sono 'piccoli', e tende a una riverenza ironica. Perciò mentre imperano giornalisti, opinionisti, salotti tv, leader mediatici, l’Italia la capiscono solo quelli che non capiscono niente: i piccoli e, magari, gli artisti.
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