giovedì 4 giugno 2015
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​Ieri in Udienza il Papa ha parlato della vulnerabilità della famiglia. Forse a noi in Italia questa espressione fa venire in mente tante nostre famiglie di oggi, sempre più divise e effimere. Ma il Papa, che ha uno sguardo universale, più grande del nostro di "occidentali", per prima cosa ha parlato delle famiglie minacciate dalla povertà; a quei milioni di famiglie, nelle periferie delle megalopoli, che combattono per un tetto, per sfamarsi – per vivere. Quelle in cui ogni mattina si parte come per una battaglia, ogni giorno ci si arrabatta, e a sera si riportano a casa i magri frutti della propria fatica. «È quasi un miracolo che, anche nella povertà, la famiglia continui a formarsi, e persino a conservare – come può – la speciale umanità dei suoi legami», ha osservato il Papa.Si sente che Francesco parla di cose che ha visto di persona, nelle Villas Miserias di Buenos Aires. Che ha conosciuto le case in cui si combatte per mangiare, e ogni volta si è stupito che, dentro un mondo idolatra del denaro e del potere, gli uomini e le donne continuino tuttavia a innamorarsi, a sposarsi, a volere dei figli, a crescerli. «Quasi un miracolo», dice Francesco, che la famiglia anche nei mondi più poveri continui a formarsi, e conservi tenacemente quei legami di una «speciale umanità»: tra padre e madre e figli, tra fratelli, e, poi, verso i propri vecchi. Viene in mente, nell’accento di quel «quasi miracolo», l’ostinazione di un dato di natura, inesorabile e fedele, che si perpetua perfino nell’humus più sfavorevole.Come certe piante spontanee che, anche sopra i terreni più inquinati, dopo qualche anno tornano a mettere le radici e a crescere; e di nuovo puntuali a primavera mettono i germogli, e nelle foglie e nei fiori riproducono di nuovo, identica, la loro originaria geometria. Fare famiglia, un dato di natura, scritto dentro di noi; e scritti dentro anche i legami fondanti, fra padri e figli. In effetti, anche in un umanità disgregata, nella quasi universalità dei casi, una madre ama i suoi figli, e desidera per loro il bene, e un padre li protegge. Per quanto misera possa essere una società, quei legami permangono, cocciuti. I soli rapporti, magari, in cui si vuole davvero il bene dell’altro, di quell’«altro» unico che è il figlio, o il fratello. Questi legami fondanti, come la cellula prima del nostro vivere assieme. «La formazione interiore della persona e la circolazione sociale degli affetti hanno proprio lì il loro pilastro. Se lo togli, viene giù tutto», ha detto Francesco. Ma, ha aggiunto, il perpetuarsi tenace di tali legami originari «irrita quei pianificatori del benessere che considerano gli affetti, la generazione, i legami familiari, come una variabile secondaria della qualità della vita». Certo, quel desiderio scritto dentro si oppone alla omologazione cui la cultura dominante vorrebbe sottoporci. A quella cultura che vezzeggia le coppie senza figli, le dink, «double income no kids», due stipendi e nessun bambino, e quindi grandi consumatrici. Che ci sta convincendo che "uomo" e "donna" sono solo costruzioni del pensiero, e non realtà innate. Che i figli si può eliminarli nel grembo, se non occorrono; o invece, se non  ne arrivano, si può anche farseli generare da una madre in affitto - che consegnerà il prodotto, esente da difetti di fabbricazione, alla data stabilita. Alla povertà, dunque, si aggiunge secondo Francesco, l’opera dei «mass-media basati sul consumismo e il culto dell’apparire», che incrementano la disgregazione dei legami familiari. Come un diserbante sparso sull’humus degli uomini, che dissecchi le radici, e muti la memoria, il Dna del nostro vivere insieme. Invece, ha concluso il Papa, «dovremmo inginocchiarci davanti a queste famiglie, una scuola di umanità che salva le società dalla barbarie». Un uomo, una donna, i loro figli, la volontà che crescano e continuino una storia; l’affetto per i vecchi, che non restino soli. La famiglia come una cellula originaria, che ci salva dalle barbarie, insiste il Papa. E ancora, a queste parole, pensi a una pianta forte, e millenaria, e tenace - cui qualcuno voglia modificare i cromosomi, piegandone la natura al volere dei soldi, delle ideologie, di falsi prepotenti dei.
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