La Milano com'era, la Milano che è. E la nostalgia di una città grande

L'inchiesta sull'urbanistica ci consegna una città che ha inseguito New York ma ha perso l'anima. Isolati gli anziani, scomparsi i bambini, sopravvivono i giovani a 500 euro. Ma sono felici?
July 31, 2025
La Milano com'era, la Milano che è. E la nostalgia di una città grande
STEFANO DE GRANDIS / fotogramma.it | Il quartiere Porta Nuova
«Un sistema corruttivo rodato, remunerativo, avallato dai rappresentanti della politica locale», che ha «stravolto» la «pianificazione urbanistica» concentrandola in «capo a un ristretto gruppo di potere, assai permeabile alle pressioni delle lobby costruttrici». Non è andato leggero il Gip di Milano Mattia Fiorentini, nel motivare gli arresti eccellenti nell’ambito dell’inchiesta sulla urbanistica della città. Ma a valutare i reati penseranno i Tribunali. Solo una “bolla di sapone”, dicono i difensori, si vedrà.
Ciò che emerge dalla prima ricognizione della magistratura nel grande Cantiere Milano non meraviglia però tanto chi qui è nato, e sta a guardare. S’è fatta, da oltre dieci anni in qua, di Milano una piccola ambiziosa New York, alta di guglie orgogliose, cime preferibilmente storte, cristalline, audaci. Un teatro per archistar. Isole di acciaio e design – come Porta Nuova District – sono sbucate superbamente in mezzo a ex quartieri tranquilli, i cui abitanti lamentano di non vedere più il sole da anni, con quei quindici piani davanti. Newyorkine come City Life, destinate a abbienti “citylifers”, ma anche, in piazze anonime, palazzi di 15 piani spuntati lesti al posto di vecchi capannoni: bastava una Scia, avviso di inizio lavori. E noi ingenui, che ancora credevamo ci fosse un Piano Regolatore. Periferie con colate di cemento a scopo abitativo, ma, purtroppo per chi ha comprato, senza licenza. E quel decreto Salvamilano finito in niente? Forse un resto di pudore in Parlamento.
Insomma, un gran disordine nel cielo sopra Milano. E oneri edilizi scontati, cioè meno risorse al Comune, meno servizi e meno nidi, che già mancano, malgrado sempre meno bambini nascano qui. Solo legittimi interessi? Vedremo.
Ma che aria sgradevole, concordano tanti milanesi - nati qui o venuti bambini dal Sud e ora indistinguibili dagli altri - soffia, in questa nostra città. È diventata un faro per turisti: in centro la domenica, le saracinesche aperte di rigore, ci sono solo loro, il trolley colmo di acquisti. Comprano, benissimo. Il fatto è però che non vedi più la gente di Milano, le famiglie che ancora vent’anni fa la domenica portavano i bambini sul Sagrato del Duomo. Ora, qui i figli bisogna poterseli permettere. Quelli che hanno i soldi nel week end emigrano fuori città - come non capirli. Gli altri, per lo più stranieri, filippini, ucraini, badanti, facchini, se ne restano nelle loro periferie a non spendere i soldi che non hanno. O a fare la fila alle mense dei poveri.
Come al Corvetto, passateci una domenica: una babele di idiomi in cui ognuno è straniero, e i vecchi italiani a pensione minima siedono al Tabacchi, ipnotizzati dai numeri del Lotto, quello a estrazione continua. Passi dal Corvetto e ti va via la voglia di stare nel coro trendy che grida: non fermate Milano, Milano è l’Europa.
Non fermate Milano, da cui le giovani famiglie scappano, e gli anziani impoveriti vendono la casa in cui sono nati in “nuda proprietà”, con l’acquirente che ne attende discretamente la dipartita. (Si chiama gentrification, è la modernità). Non fermate per carità gli stagisti a 500 euro al mese, quasi a cottimo, stretti in due in stanzette a mille euro. Forse da giovani si può essere contenti anche così, di un vassoietto del super da scaldare nel micro alla sera, tornando a casa tardi. Magari sono soddisfatti, i ragazzi attratti da una Milano come da una calamita, dei loro happy hour, la mezz’ora di spritz fra l’ufficio e il metrò. Sono i vecchi, e i nipoti, che preoccupano di più. Questi perché non ne vedi, gli altri, i più anziani, semichiusi in casa, e in giro col carrellino della spesa solo il giorno di mercato. Sparite le botteghe che erano riferimenti anche umani: il cartolaio, perfino l’edicola.
É il Progresso, dicono. Eppure quanto tristi, la domenica, queste strade silenziose di passi incerti, questi cortili dove i ragazzi giocavano a pallone, ora muti. Mettere il Modello Milano sotto accusa, secondo l’architetto Stefano Boeri, dimostra una visione “ridicola e ridotta di Milano”. Per ora, al netto di ogni inchiesta, sembra vincere la visione Boeri; ma ci pareva che il volto di una città dovesse disegnarlo la politica, non le archistar, e la politica, dov’era? Inoltre, lontano dalle carte dei giudici sui cantieri, un’altra storia viene a galla, di certe borse superfirmate vendute in Galleria a 1.500 euro e realizzate per 100 in capannoni dell’hinterland, gli operai cinesi chiusi dentro anche a dormire.
Subappalti, certo, come potevano mai in Montenapo immaginare? Ma che aria mesta soffia nella metropoli lucente, se appena ti fermi a osservare. Che nostalgia di tute blu orgogliose, di classi gremite di bambini, di gente dal Sud che arrivava e sì, li chiamavano terroni, ma figli e nipoti ora lavorano insieme ai nostri. Che nostalgia, di quando Milano era una città grande. Che è ben diverso da una grande, o anche grandissima città.
Riceviamo e pubblichiamo qui di seguito una precisazione dell'architetto Stefano Boeri, citato nel commento qui sopra di Marina Corradi.
Leggendo l’articolo di Marina Corradi su Milano del 2 Agosto, dal titolo “La riflessione. La Milano che c’era, la Milano che è”, vengo chiamato in causa nelle ultime righe. Ecco riportato l’estratto del pezzo: “Mettere il Modello Milano sotto accusa, secondo l'architetto Stefano Boeri, dimostra una visione "ridicola e ridotta di Milano". Per ora, al netto di ogni inchiesta, sembra vincere la visione Boeri; ma ci pareva che il volto di una città dovesse disegnarlo la politica, non le archistar, e la politica, dov'era?”
Nell’articolo di Marina Corradi, per altro più che convincente, le mie parole vengono totalmente travisate, dato che nell’articolo pubblicato su il Foglio io criticavo la “ridicola” visione di Milano “ridotta” ai suoi confini comunali e non come ritengo, all’intera area metropolitana con i suoi 132 comuni (e quartieri e parrocchie), che rappresentano a mio parere la dimensione corretta per capire il presente e studiare il futuro della nostra Milano.
Grazie di accogliere questa precisazione.
Stefano Boeri

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