giovedì 13 settembre 2012
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Caro direttore,
nei giorni scorsi, subito dopo la morte del cardinal Martini, mi è capitata una cosa che desidererei condividere con lei e con tutti i lettori del nostro giornale. Mia nonna è la sorella maggiore di un numeroso gruppo di fratelli e sorelle che, specialmente in questi ultimi anni, stanno incontrando problemi di salute via via più importanti. I due fratelli maggiori sono – per esempio – allettati a causa di un ictus e uno dei due, pur comprendendo tutto quello che gli si dice, non è più in grado di parlare. La comunicazione – e che comunicazione, glielo garantisco! – si fa con gli occhi, gli occhi di una sorella maggiore che ha "tirato su" i piccolini uno a uno nel povero Veneto degli anni 40 e 50. Credo che per persone così, il "fine vita" sia un argomento molto più reale che l’oggetto astratto di discussioni ideologiche, come avviene spesso nel dibattito pubblico sul tema. Seguendo sui giornali e alla televisione l’addio al cardinal Martini, mia nonna è venuta a chiedermi spiegazioni del fatto che il cardinale si fosse fatto «addormentare» – come lei aveva capito dai media. Capisce, caro direttore, che grande responsabilità morale i media hanno avuto nel comunicare le ultime ore del cardinal Martini? Non crede che i fedeli considerassero Martini come esempio da imitare e che una comunicazione maligna abbia delle pesantissime conseguenze morali e deontologiche per chi la effettua? Appropriarsi dell’autorevole figura del defunto cardinal Martini par gettare confusione nel popolo tra eutanasia e rifiuto di accanimento terapeutico è una colpevole e indegna manovra di plagio, non ci sono altre parole.
Luciano Checchinato, Milano
 
Caro direttore,
nel ricordo del cardinal Carlo Maria Martini è doveroso richiamare il convegno "Nascere e morire oggi", il grande incontro che egli promosse insieme con i vescovi lombardi e che si è svolto per quasi due anni dal 1991 al 1993. Indetto con la lettera dei vescovi lombardi dell’8 settembre 1991, il convegno coinvolse tutte le Chiese e le Parrocchie della nostra regione, con l’obbiettivo di «mettere in atto una grande strategia finalizzata a costruire e diffondere una nuova cultura della vita» (così si esprime il cardinal Martini nella presentazione degli Atti del convegno, pubblicati nel 1995), secondo gli orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per gli anni 90 al fine della «tutela e la promozione del diritto di ciascuno a vivere, dal concepimento al termine dell’esistenza terrena, e in condizioni di reale dignità personale e sociale». Rimane fondamentale la meditazione «Il Vangelo della Vita e l’impegno per la difesa della vita» tenuta dal cardinal Martini il 23 novembre 1991. Egli enuncia lo stile del convegno: «Un atto di coraggio delle Chiese di Lombardia che non vogliono restare chiuse in se stesse (…) ma vogliono raggiungere le realtà del territorio (…) le sue punte drammatiche che sono appunto quelle che minacciano la vita, che fanno emergere una cultura di morte e di tenebre». Si riporta al Vangelo di Giovanni e si sofferma sulla vita biologica e sulla vita divina. Afferma che la vita fisica è «il possesso più prezioso dell’uomo nel senso che da esso derivano tutti gli altri. Non hanno senso gli altri doni – ricchezza, salute, onori – se non si è vivi» e nel contempo mette in rilievo, a partire dal testo evangelico, che la vita naturale è «simbolo di uno speciale dono di Dio, del dono per eccellenza che è la vita divina». Ho rievocato il convegno "Nascere e morire oggi" per mettere in luce il grande amore del nostro arcivescovo per l’uomo nella pienezza della sua vita, sin dal primo istante, all’atto del concepimento. Egli è stato vicino al Movimento per la Vita condividendo la sofferenza per il dramma dell’aborto, sempre attento agli eventi legati alla vita nascente.
Franco Vitale, Movimento per la Vita
 
Caro direttore,
politici e opinionisti continuano ad auspicare e progettare norme di stampo eutanasico che vorrebbero chiamare "legge Martini". Ma vogliono davvero farci credere che non conoscono la differenza tra sedazione ed eutanasia? E pensano di ingannare a lungo la gente? Nessuno si è mai sognato di dire che non sia lecita la sedazione di un malato giunto ormai al termine della vita, e lorsignori lo sanno bene. Ma probabilmente il loro obbiettivo non è la verità, bensì la confusione... Mentire sulle questioni di fondo non è, però, mai un buon modo di discutere. Visto che questi colti polemisti sfoderano riferimenti biblici, dovrebbero sapere anche chi è il padre della menzogna... O no?
Simone Pillon, PerugiaAnche due giorni fa, cari amici, mi sono occupato di questo tema che tocca tanti di noi con grande intensità. Un tema importante e, dunque, giustamente dibattuto, ma che è stato portato alla ribalta da una mistificazione molto seria e molto brutta. Mi riferisco alla sequela di insistenti, incredibilmente irrispettosi e persino cinici tentativi di mettere letteralmente le mani addosso al cardinale e arcivescovo Carlo Maria Martini, e di capovolgere il senso della sua vita e della sua testimonianza cristiana. Vita e testimonianza condotte, cito Papa Benedetto, da appassionato «uomo di Dio» sino all’estremo limitare della sua esistenza. Ma inviterei coloro che provano dolore e indignazione per queste manovre politiche e mediatiche a essere sereni. Le falsità reggono (quando reggono) solo per un po’, poi crollano. E proprio certe spudoratezze fanno emergere come anche con la sua morte il cardinale abbia reso un servizio alla Chiesa che amava (di un amore esigente, mai scontato, fedele) e, al tempo stesso, a coloro che – essendo o sentendosi "lontani" – stentano ormai a conoscere e a capire la sapienza dell’insegnamento cattolico e della visione dell’uomo che ne discende.Da tempo, infatti, i più strenui propagandisti dell’eutanasia s’impegnano a dipingere i cattolici come arcigni e persino crudeli difensori dei macchinari che prolungano artificialmente e dolorosamente la vita di persone malate. Un ridicolo rovesciamento della realtà che tanti conoscono e tutti possono sperimentare, ma perseguito con pervicacia. Il cardinal Martini con la sua molto indagata e raccontata morte cristiana – la morte di un uomo che ha vissuto con paziente dignità una lunga malattia e, infine, non ha preteso cure sproporzionate e inutili – ha ribadito la bellezza e dimostrato la semplicità buona e affermativa di quei richiami morali che la Chiesa condivide e motiva: mai dare o volere la morte a ogni costo, mai pretendere la vita a ogni costo, accudire sempre con amore chi è malato o disabile. Questo è il no all’eutanasia, questa è la non richiesta di un accanimento terapeutico, questo è il sì alla cura che – anche quando non può guarire – lenisce, accompagna, ragionevolmente nutre e disseta, rispetta. Il rigetto dell’«accanimento» era forse stato ultimamente meno chiaro. Anche perché, dopo la drammatica fine per sottrazione di nutrimento e idratazione di Eluana Englaro, c’è stato un accento infinitamente più forte sul no alla morte procurata o inflitta. Ma soprattutto perché a chi critica ingiustamente la Chiesa facendo una caricatura delle sue posizioni in materia di "fine vita" (e, guarda caso, sono gli stessi che si deliziano all’idea di assemblare e manipolare la vita nascente in laboratorio) non conviene ricordare che i cattolici non vogliono affatto accanimenti e che i paladini di macchinari e provette, che i sognatori di un’immortalità meccanica sono ben altri. Lo sanno tutti coloro che hanno accompagnato, fianco a fianco con medici responsabili, una persona cara nell’estremo tratto dell’esistenza. E io lo so proprio per questo, perché ho avuto il dolore e la grazia di sperimentarlo di persona riuscendo a stare accanto a mia madre, che ha lottato per nove anni con una gravissima malattia, in ogni istante finale di un percorso che nelle ultime ore della sua vita è stato praticamente identico a quello del cardinal Martini. Ora, grazie alla pubblica (o forse bisognerebbe dire stra-pubblicata) testimonianza dell’arcivescovo emerito di Milano, sarà più difficile continuare in questo ingeneroso gioco: l’unico accanimento dei cattolici e di tanti veri laici è contro l’«abbandono terapeutico» dei malati e dei disabili "scomodi". Purtroppo, come per nascondere un’evidenza spiazzante, i soliti noti stanno intensificando, mediaticamente e politicamente, lo sforzo per "arruolare Martini", trasformando la sua buona morte cristiana in una buona morte in senso eutanasico. E c’è addirittura chi vorrebbe dare il nome del cardinale a una legge sulla "morte a comando". Ma tutto questo, cari amici lettori, non è solo una menzogna (e ieri il medico che ha curato Martini lo ha ribadito: «Non abbiamo staccato nessuna spina e i paragoni con i casi di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby sono improponibili») è una vera bestemmia. E le menzogne, almeno per un po’, si possono sopportare con pazienza e persino con un sorriso, le bestemmie no.
 
 
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