Meno solidarietà è anche meno libertà
venerdì 3 maggio 2019

Caro direttore,

è da diversi giorni che 'Avvenire' sta richiamando l’attenzione sulla guerra che si sta combattendo contro le reti di solidarietà. Il Governo giallo-verde, attraverso precise scelte politiche e amministrative, compie atti concreti di ostilità contro coloro che si prodigano per il bene comune, anche in condizioni e in circostanze estreme. L’intervista di domenica 28 aprile a Stefano Zamagni ha una lucidità che spaventa proprio per il cinismo che individua e fa 'vedere'. L’accusa è pesante, ma gli esempi per documentarla che lei stesso, direttore, ha elencato sono concreti: mense e ostelli della Caritas bollati come «mangiatoia»; Case famiglia liquidate come «business»; ignorate le misure alternative al carcere; accuse di conflitto di interessi a chiunque si occupi di cooperazione sociale…

In un periodo in cui sembra che le grandi ideologie siano scomparse, questo stile di governo conferma invece come alcune ideologie siano ancora terribilmente vitali, soprattutto quelle che rimandano a una visione dello Stato centrale, che può disporre della vita delle persone a suo piacimento. È in atto una strategia di centralizzazione delle misure di aiuto sociale, e le iniziative del Terzo settore sono trattate come una sorta di concorrenza sleale. In realtà, c’è un welfare complementare e integrativo rispetto a quello statale, ed è più flessibile e creativo e meno oneroso, proprio perché frutto della libertà e dalla generosità personale messe 'in rete'. E contro questo si scatena il 'sovranismo' più pericoloso e insidioso, quello che suggerisce alle persone un baratto dal costo enorme: sicurezza in cambio di libertà. Già, arrivo a dire che la lotta non è solo contro le reti di solidarietà, ma contro la nostra stessa libertà, contro il diritto di esercitare la nostra responsabilità solidale. Come avviene in ogni democrazia, per imperfetta che sia... Il governo, in altri termini, sta esercitando un abuso di responsabilità, sostituendosi alla libera iniziativa dei cittadini, limitandone la libertà e mortificandone la dignità. È un doppio errore, che, come giustamente 'Avvenire' fa notare, si traduce in una forma di disprezzo sia verso il povero che verso chi del povero si occupa, a meno che non sia un 'funzionario statale'.

Questa politica tende a cancellare due princìpi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa: solidarietà e sussidiarietà. Ed è un atteggiamento che, colpisce e umilia tutta la società, perché soffoca proprio quell’umanità che permette a ognuno di aprirsi all’altro e di soccorrerlo e spinge a credere che rispetto all’altro, il punto chiave è invece il nostro diritto una 'legittima difesa', anche in armi.

Il vero rischio di questo governo è quello che spesso viene rappresentato con la metafora della rana bollita. Il cittadino un po’ alla volta, sempre con l’intento di farlo sentire più sicuro, si troverà privato del suo bene maggiore: la libertà. E l’esproprio tentato da più parti, anche politicamente diverse, è proprio quello di provare ad annientare il giudizio della coscienza e la fatica della coerenza che ne deriva. In mare non muoiono solo i migranti, ma ognuno di noi; i 'porti chiusi' sono una metafora potente della chiusura del cuore; 'prima gli italiani' è uno slogan efficace per ricordare a ognuno: prima te e i tuoi interessi. Così si mette l’io al centro del sistema; e non l’io che io sono, ma l’io che il potere decide – tra gli applausi – che io debba essere. E il prezzo di tutto questo è meno, molta meno libertà personale.

Senatrice dell’Udc

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