mercoledì 21 novembre 2012
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Caro direttore,
siamo i genitori di Max Tresoldi, il ragazzo rimasto in stato vegetativo per dieci anni e risvegliatosi grazie alla professoressa Cecilia Morosini, che domenica ci ha lasciato. Innanzitutto la ringraziamo per il bellissimo ricordo scritto da Lucia Bellaspiga (Avvenire di ieri, martedì 20 novembre). Abbiamo partecipato al funerale della professoressa, insieme a numerose famiglie di ragazzi che hanno frequentato il Centro Astri e a tante persone che hanno frequentato la scuola della Bicocca da lei diretta. Il sacerdote, don Renzo, che ha officiato la S. Messa nella cappella dell’Istituto Don Gnocchi, dopo aver ascoltato per qualche minuto la storia di nostro figlio, ha incentrato l’omelia sul bene che questa donna ha fatto nella sua vita, indicando come la tenacia e la speranza siano fondamentali nel recupero delle persone con gravi disabilità. Per chiudere la cerimonia, dall’altare è stato letto proprio l’articolo di Avvenire. Al termine della lettura è scoppiato un applauso e molta gente era in lacrime. Il suo grazie a Cecilia Morosini nostro figlio lo ha scritto di suo pugno questa mattina e glielo ha portato in chiesa: ci piace pensare che la professoressa, che tanto aveva puntato sul suo risveglio contro il parere di tutti, abbia apprezzato questo piccolo immenso ripetuto "miracolo". Speriamo tanto che possa pubblicare questa nostra lettera, scritta col cuore, e che possa anche allegare il biglietto di Max. Cordiali saluti dalla
famiglia Tresoldi
 
Alle calde parole di Max, di Ezia e di Ernesto Tresoldi – e a quelle già scritte assai bene sulle nostre pagine da Lucia Bellaspiga – fatico ad aggiungere qualcosa. Solo una piccola annotazione: l’occhio limpido e saggio del medico – e Cecilia Morosini è stata una grande donna e un grande medico – vede sempre meglio e più in profondo quando è accompagnato dalla luce tenuta accesa dalla sofferenza, dalle domande e dalla speranza del “suo” paziente e di coloro che quell’uomo o quella donna hanno caro. Oggi la chiamiamo “alleanza terapeutica”, ma è l’unico, vero, umanissimo modo per dare e ricevere cura facendo concreta eco all’amore da cui proveniamo. La medicina è per la vita, sempre.
Marco Tarquinio
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