giovedì 7 aprile 2016
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Corruzione nella sanità: basta con le risposte solo formali Costi pure un mare di soldi, la salute è la salute, non è sulle cure che si può essere tirchi, sono soldi ben spesi, si suol dire. Ora in Italia la salute costa davvero un sacco di soldi, ma che siano soldi ben spesi non siamo più così sicuri, dopo la pubblicazione del Rapporto 'Curiamo la corruzione' in sanità, realizzato da Transparency Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc, e presentato ieri a Roma. Sprechi assurdi e tangenti: diseconomie e marciume.  Una torta enorme, la sanità, qualcosa come 110 miliardi all’anno, rosicchiata per almeno 6 miliardi di euro, così si stima, sottratti al salvadanaio delle cure. E dire che pensavamo di aver sepolto nel passato remoto gli scandali che travolsero verso gli anni 90 persino i supremi vertici dell’amministrazione sanitaria, smascherandoli; e poi invece il libro nero della sanità corrotta non è mai stato chiuso, e infiniti altri capitoli di altre storie vergognose hanno riempito le cronache giudiziarie, fino a questi stessi giorni. Inchieste per appalti sospetti, turbative d’asta, prescrizioni fasulle, falsi ricoveri, una palude di malaffare in grande stile, insieme a miserabili piccole truffe. Ora forse si comincia ad applicare alla sanità malata il linguaggio sanitario ('curare'), ed è un paradosso felice che ci scuote in profondità e ci stacca per un attimo dal disgusto in cui affondiamo con una sorta di rassegnata disperazione. Se fosse possibile guarirla, questa sanità, le cui piaghe sono tornate sempre a suppurare dopo ogni amputazione chirurgica fatta di arresti e di galera di chi si è riusciti a pescare con le mani nel sacco; se fosse possibile curare, 'curare la corruzione', proprio così, affrontandola come una malattia dell’anima, infettata dalla disonestà per aver perduto gli anticorpi dell’etica. È questa, infatti, la grande parola che torna, quasi sintesi estrema di un Rapporto i cui numeri desolanti producono una rabbiosa reazione emotiva, una voglia di castighi inaspriti, ma insieme un pronostico di delusione rinnovata se non cambierà radicalmente la coscienza, essendo impotenti le sole manette.  È stata fatta nel 2012 una legge che aveva nel titolo un proposito che sembrava epocale: 'prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione'. Rileggiamo lentamente, e poi chiediamoci perché episodi di corruzione si registrano in una Asl su tre, negli ultimi cinque anni, e sono i dirigenti stessi a dirlo. È vero che in quel settore sono germogliati i Piani anticorruzione, ma secondo gli analisti del Rapporto si è trattato molte volte di adempimenti solo formali, con numerose carenze nella elaborazione delle mappe dei rischi corruttivi e soprattutto delle specifiche misure preventive. Permangono le zone critiche: gli appalti, le assunzioni, le ingerenze, gli sprechi. È dunque ancora la recita della litania dolente delle ingiustizie, dei guasti e dei malanni, e la perenne prognosi sconsolata, se un farmaco tutto nuovo non verrà a curare la causa della cancrena, eradicandone il germe. L’etica, appunto, dicono i ricercatori dell’Ispe, l’etica persino senza aureole virtuose, l’etica come «soluzione razionale ed efficiente, e conveniente per tutti», l’etica come necessità ormai. Risposta non surrogabile dagli strumenti legislativi volta a volta violati, o tentati a sfida delle inesauste furbizie della legalità border line. Medicina d’onestà, finalmente.
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