giovedì 19 giugno 2014
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​L'esame non è solo accertamento di sapere o abilità, ma una prova con se stessi, la dimostrazione di saper superare un ostacolo. La diminuzione delle difficoltà da affrontare limita lo sviluppo della personalità. Le prove sono utili a tutti, ma in modo particolare nella formazione di una personalità. Ma la forma attuale dell’esame di maturità, che comincia domani, permette di mettersi effettivamente alla prova? Un esame che costituisce un doppione accelerato delle verifiche dell’anno, rinviando la verifica delle competenze raggiunte ad altri appuntamenti, universitari o lavorativi.La consegna di un titolo di studio con "valore legale" è ormai ridotta ad adempimento dovuto in nome del dettato costituzionale e l’esame non è più da tempo l’elemento utile né per una chiara valutazione finale, né per l’ammissione all’università e neppure per raccogliere adeguate informazioni sull’efficacia del nostro sistema scolastico.Gli atenei snobbano gli esiti di questa prova, utilizzando invece propri test e cercando semmai valutazioni degli anni precedenti al quinto. Addirittura per alcune facoltà i test vengono ormai fatti prima dello svolgimento dell’esame di stato. Nei Paesi più avanzati, se ci sono gli esami d’ingresso all’università non c’è l’esame finale della scuola secondaria di secondo grado; se c’è invece un esame di Stato (e in questo caso è selettivo) non ci sono test d’accesso all’università. Ne è un esempio il Baccalauréat francese dove negli ultimi anni la percentuale dei promossi sui candidati non raggiungeva mai l’80%. Nato nel 1923 con la riforma Gentile, l’esame di stato ha visto passare, in quasi un secolo, dal 55% dei promossi della maturità scientifica alle attuali bocciature ridotte al lumicino dello zero-virgola. Bisogna riconoscere che non lo temono più di tanto i ragazzi e, alla fine, verifica quanto è già stato ampiamente verificato fino a venti giorni prima. Il risparmio della spesa ha poi costretto a reclutare commissari esterni e presidente dallo stesso Comune o distretto della scuola esaminata, con le conseguenze che si possono immaginare.L’attuale forma d’esame, inoltre, non tiene in conto la diversità dei percorsi di studi (licei, tecnici e professionali) somministrando le stesse tracce per italiano e non prevedendo nella seconda prova la possibilità di un’attività di lavoro sul campo anche per i professionali. Il sistema di punteggi non è in grado di rappresentare la preparazione scolastica: un 12 in italiano, un 9 in matematica, un 10 in terza prova, un 20 nel colloquio, equivalgano ad un valore di 51 come prove d’esame, il quale, sommato ad un credito scolastico di 15, porta ad un 66? Ma come è possibile che quel 66 di "preparazione" rappresenti valori così diversi tali per cui, sommarli in un numero, possa significare qualcosa? Sarebbe meglio una certificazione con cui descrivere cosa uno studente conosce e sa fare. Infine, in una scuola dove scarseggiano risorse pubbliche, questo esame di Stato costa attorno agli 80 milioni di euro, per promuovere il 99% dei candidati. Non sarebbe ragionevole discutere la compatibilità tra questa spesa (e il tempo investito) e l’obiettivo di raggiungere una valutazione e selezione in base alle competenze acquisite? "Il caso serio" dell’esame di Stato come vera prova dovrebbe essere altro: verificare se uno studente non solo ha raggiunto la preparazione necessaria, ma soprattutto se sa dare un’impronta a ciò che ha appreso, se sa rapportarlo con la realtà. A questo scopo sarebbe utile valutare seriamente la proposta di abolizione del valore legale del titolo di studio, così che la preparazione di uno studente valga per quello che effettivamente dimostrerà di sapere e saper fare. L’attuale situazione invece maschera realtà diseguali nei fatti. Si potrebbe invece far sì che, con la preparazione effettiva ricevuta, lo studente, se lo desidera, si presenta a prove gestite e valutate da un sistema nazionale di valutazione "terzo" rispetto all’Amministrazione e all’istituto scolastico, ai fini di una certificazione credibile per i vari percorsi di inserimento nella vita attiva.
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