giovedì 28 gennaio 2010
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Caro direttore,vorrei dire poche parole semplici, ma sentite, di cuore, sulla comprensione nei riguardi del prossimo, marito e moglie in primis, e sulla conseguente virtù della sopportazione. Con questa cristiana virtù forse molti matrimoni potrebbero essere salvati, molti rapporti "fratturati" col prossimo potrebbero essere ricomposti, altri consolidati. La sopportazione è qualcosa di veramente nostro da offrire a Dio quale ringraziamento per i tanti doni che ci ha fatto e per quelli che ci farà. Ma credo sia fondamentale sentire in noi che «se non essere amati è una sfortuna, non saper amare è una vera tragedia» (una "frase celebre" che mi è sempre stata cara). Allora, custodiamo nel cuore, per renderle sempre più operanti, le preziose parole di Benedetto XVI: «Eros e agape – amore ascendente e amore discendente – non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro» ("Deus Caritas est", 7). Il tutto tenendo presente che non ci viene certo richiesto di lasciare che gli altri si approfittino della nostra mansuetudine.

Alberto Marliani, Scandicci (Fi)

È proprio di questi giorni la notizia che, in Gran Bretagna, sta prendendo piede l’abitudine di fare e ricevere regali, oltre che per le nozze, anche nell’occasione del divorzio. La fine di una famiglia diviene pretesto di «festa» e di congratulazioni. Ho dei dubbi sulla sincerità di questa allegria, ma siamo comunque dinanzi a un altro colpo al «prestigio» sociale del matrimonio. Se la sua rottura può essere esibita con allegria, che senso ha proporre alle nuove generazioni valori come dedizione reciproca, fedeltà, sacrificio, perdono? Eppure, come lei giustamente rileva, caro Marliani, senza queste attitudini – che non sono doti infuse, ma virtù che vanno coltivate con perseveranza (e, per quanto riguarda i credenti, alimentate con la preghiera) – l’amore si degrada inesorabilmente. E i guasti prodotti non rimangono circoscritti ai protagonisti e alle persone più direttamente coinvolte, ma si dilatano con raggio sempre più allargato, fino ad avvelenare i pozzi della convivenza civile, impoverendo e rendendo più precarie e fragili le nostre comunità. Non serve neppure richiamare questo o quell’esempio: purtroppo non c’è giorno in cui la cronaca ci risparmi i riscontri, più o meno clamorosi. Noi, ricordiamoci che il sopportarsi e il sostenersi a vicenda fa parte della promessa d’amore scambiata assieme agli anelli nuziali, in cui la «cattiva sorte» non è composta solo dalle avversità economiche o di salute. E non dimentichiamo che grazie all’aiuto di Dio sappiamo qual è la direzione giusta e abbiamo le forze per camminare, ma per percorrere quella strada c’è bisogno della nostra libera volontà e del nostro impegno.
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