venerdì 20 giugno 2014
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​Caro direttore,
pensando alle quotidiane tragedie che colpiscono nella traversata del Mediterraneo innumerevoli esseri umani in fuga dai loro Paesi non posso non chiedermi dove sia finito lo spirito nobile e altruista dell’Europa. Mi pare che il finanziare un’operazione come “Mare Nostrum” sia ben poca cosa a fronte della colossale tragedia che investe tanti profughi. Ora mi sento autorizzato dai fatti a credere che si sia istituita un’Europa dei beni, delle banche e della libera circolazione delle merci nella quale speculatori d’ogni sorta la fanno da padroni. Insomma, vedo un’Europa laicamente diabolica, lontana dal sentire profondo dei suoi popoli, e non un’Europa solidale che sa essere affermazione e affrancazione dei suoi popoli! Il mio ricordo corre a quel gran rifiuto nell’Atto costitutivo sottoscritto a Lisbona nel 2003 nel quale, per mostrarsi ultra-progressisti, si negava l’inserimento di una formula nel preambolo introduttivo che si richiamasse alle “eredità culturali, religiose e umanistiche” dell’Europa. Pareva che tale affermazione scontentasse lo spirito di alcuni “costituenti europei” laici(sti) i quali richiesero con vigore l’abolizione dell’esplicito riferimento alle radici cristiano-giudaiche del Vecchio Continente e, quindi, la riconducibilità storica della sua civiltà culturale alla fede in Dio. Ora raccogliamo i frutti di tale scellerata negazione! Mi pare che la ricca Ue manchi ai suoi compiti quando le genti della disgrazia raggiungono i confini di uno dei suoi Paesi; si levano, infatti, barriere d’ogni sorta e si distolgono gli occhi. Certamente è preferibile, per lo sfruttamento e per la speculazione, delocalizzare le nostre industrie nei Paesi più poveri che accogliere i poveri sulle nostre terre… Eppure basterebbe poco per rendere l’Europa a misura umana: poche leggi e molta buona volontà nel sapersi fare prossimo. Io sogno un’Europa di questo genere, un’Europa Unita che non respinga le persone realmente meritevoli d’accoglienza e d’aiuto in ogni parte del suo unico e anche molto ricco territorio.
Luigi Redaelli, Bonate Sotto
 
Proprio in questi giorni di giugno 2014 avrebbe dovuto concludersi il percorso “a tappe” di revisione delle regole europee in tema di immigrazione e di accoglienza di profughi e rifugiati che l’anno scorso il governo italiano, allora guidato da Enrico Letta, aveva convinto nell’estate del 2013 gli altri Stati membri della Ue ad avviare. Le resistenze passive di altri Paesi sono state tante e forti. E siamo arrivati alla vigilia del semestre italiano di presidenza dell’Unione senza raggiungere (o anche solo sfiorare) il risultato atteso. E questo, caro signor Redaelli, è gravissimo. Ecco perché condivido pienamente il suo giudizio di fondo – giudizio amaro, ma per nulla rassegnato – sulla qualità morale e legale dell’approccio europeo al fenomeno (chiamarlo “emergenza” non ha più senso, da molti anni) del trasferimento forzoso via mare sulle sponde nord del Mediterraneo di quote importanti di popolazione africana e asiatica messe in fuga dalle proprie terre natìe da guerre, persecuzioni religiose e politiche, ingiustizie economiche, spronate dalla paura e dal bisogno e attirate dai “vuoti” creati in Europa dalla crisi demografica e dall’(assurdo) rifiuto dei lavori manuali che caratterizzano le nostre società “evolute”. Purtroppo niente di strutturale è stato fatto, di concerto con l’Onu, per strappare ai trafficanti di esseri umani il monopolio sulle tragiche rotte della disperazione e della speranza su cui si avventura chi cerca di raggiungere l’Europa da Africa e Asia (ma anche, in modo diverso, dall’Est europeo e dall’America Latina). Niente ancora si è mosso per correggere le norme che inducono donne e uomini con tutti i requisiti per essere riconosciuti e accolti come “rifugiati” a rifiutarsi addirittura di declinare ufficialmente le proprie generalità per non vedersi costretti dalle norme Ue a restare nel Paese d’approdo senza poter raggiungere parenti e amici residenti in un altro Stato europeo. L’Italia – con solitaria, generosa ed esemplare scelta – ha invece fatto qualcosa di decisivo: per supplire alla vergognosa inefficacia dell’eurosistema Frontex ha dato vita da sola, con la propria Marina militare, all’operazione “Mare Nostrum” che non ha potuto impedire alcuni nuovi drammi nel braccio di mare tra il Nord Africa e le nostre coste, ma ha salvato migliaia e migliaia di vite umane. Ora, mentre torna a intensificarsi la discussione in sede europea, forse anche per ragioni negoziali tattiche, dalle fila del governo Renzi si sono levate più voci – a cominciare da quella del ministro dell’Interno Alfano – che hanno messo in dubbio la continuazione di quell’oneroso ed essenziale impegno umanitario. Su questo è bene essere chiari: la Ue può e deve dare una svolta solidale e lungimirante alla propria azione e alle troppe inazioni sul fronte delle migrazioni e deve darla in tempi rapidi, ma indietro non si può tornare. L’operazione umanitaria sotto bandiera italiana potrà finire solo quando comincerà un’operazione di portata analoga e maggiore sotto bandiera europea. L’unica insostenibile “debolezza” al cospetto dei partner Ue, dell’intera opinione pubblica continentale, delle coscienze delle persone e – per chi crede – di Dio non è di chi sta facendo la cosa giusta, ma di coloro che chiudono gli occhi e voltano la testa e magari pretendono anche di dare agli italiani lezioni di civiltà e di rigore “europei”. L’Italia può farsi ascoltare e merita sostegno perché ha dato ascolto e offerto soccorso a chi ne aveva bisogno. Si faccia sentire, faccia maturare presto la civile risposta che l’Europa tarda a dare.
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