La giustizia e il contratto di governo
sabato 19 maggio 2018

Anche nel campo della giustizia penale è all’insegna del cambiamento il "contratto" predisposto da M5s e Lega per il governo che si propongono di mettere in piedi. Per qualche verso le linee programmatiche annunciate possono essere guardate con favore o quantomeno senza pregiudiziali opposizioni anche da chi non condivide le linee politiche generali dei due contraenti pubblici. Del resto, su più di un punto non si tratta neppure di effettive novità, ma semmai di riesumazioni di vecchi propositi, largamente condivisi in ogni schieramento, sui quali le precedenti maggioranze parlamentari sono inciampate per pressioni esterne o per intrinseca incapacità di andare oltre i timidi aggiustamenti dell’esistente. Un esempio: la preannunciata esclusione di un rientro in magistratura, oggi sottoposto a limiti assai blandi, per giudici e pubblici ministeri che siano stati eletti alla Camera o al Senato.

Altre proposte, per essere valutate, dovrebbero uscire dal vago, come sono al momento in cui si scrive questa nota. Così è per la preannunciata, ennesima riforma di quella prescrizione dei reati il cui meccanismo continua ad assicurare l’impunità anche a fior di delinquenti, soprattutto di quelli che una volta si sarebbero detti "col colletto bianco".

Male, se si tornerà all’altalena tra riduzioni e dilatazioni dei termini fissati dalla legge per far scattare la prescrizione, termini che già oggi raggiungono cifre da capogiro senza evitare che, per reati anche gravi, il processo finisca nel nulla. Bene, invece, se si inciderà, più di quanto si è fatto sinora, proprio sul modo di funzionare del meccanismo: così, in particolare, sarebbe se i termini cominciassero a decorrere non dal momento in cui il reato risulta commesso, ma da quando ne prende notizia l’autorità che può attivare il procedimento penale (polizia o pubblico ministero). Se ne gioverebbe specialmente la repressione di quei delitti, come la corruzione, che rimangono a lungo nascosti per il "normale" interesse al silenzio di entrambi i soggetti che possono essere i soli ad averne conoscenza (corrotto e corruttore).

Forti consensi mirano verosimilmente a suscitare in larghi strati di popolazione le proposte tenute insieme dal filo rosso di una conclamata "linea dura" contro la criminalità, ma che non possono non suscitare forte preoccupazione in chi abbia a cuore, insieme alla tutela della sicurezza dei cittadini, la salvaguardia di diritti fondamentali e il rispetto della dignità delle persone, chiunque esse siano.

Si va dalla promessa di un diffuso innalzamento di pene per una serie di reati, a un’estensione, praticamente senza limiti, della legittima difesa come esimente anche dell’omicidio volontario contro qualsiasi intrusione nel domicilio; sino alla conferma di una svolta a 180 gradi nei confronti della riforma penitenziaria già giunta sulla soglia del traguardo senza varcarlo (e qui non sono poche le responsabilità di chi, nella scorsa legislatura, quel traguardo poteva farlo tagliare).

Nel primo caso, ci si affida al vecchissimo espediente dell’effetto demagogico già proprio delle "gride" di manzoniana memoria; nel secondo, si incentivano la corsa alle armi e il loro uso "à gogo" (che, con buona pace di Trump e dei suoi emuli nostrani, non hanno mai ridotto il numero di vittime innocenti) anziché limitarsi a ragionevoli ritocchi alla normativa esistente, coi quali si possa pur giungere a esentare sicuramente dalla pena e dal processo chi abbia effettivamente perso la testa di fronte a un’aggressione.

Nel terzo caso, si torna a fare del carcere il luogo privilegiato di una politica penale che cancelli o riduca (persino sotto il minimo tollerabile) gli interventi di tutela della salute fisica e mentale del detenuto e le sue relazioni con i familiari, e che restringa fortemente il ricorso a 'misure alternative' come la semilibertà o il lavoro all’esterno (ricorso sia pur prudente e non senza controlli, come dev’essere, come è tuttora – con risultati più che positivi – e come si verrebbe a configurare anche con gli ampliamenti della ' legge Orlando').

Il tutto, rendendosi praticamente illusorio l’impegno scritto nella Costituzione, per una 'rieducazione' come scopo della pena. Intendiamoci. È stato un errore minimizzare o ridicolizzare le paure e le preoccupazioni nei confronti della delinquenza che s’incontra per strade o penetra nelle case. Non è tutta invenzione di una propaganda truffaldina, che però c’è. E comunque si faccia bene attenzione a quelli che vengono presentati come rimedi. Possono portarci a qualcosa di cui sarebbe una pallida immagine quella, pur talora evocata, del Far West, con un impazzire in ogni dove di azioni e ritorsioni violente e quotidiane 'impiccagioni' al primo albero nei paraggi. O armare le più diverse follie assassine come nei peggiori bengodi della (il)legittima 'difesa'. In Texas è accaduto anche ieri, in modo terribile. E questo non può darsi.

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