sabato 6 febbraio 2016
Patriciello-De Girolamo: il sacramento del matrimonio non è uno «status»
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Gentile direttore, anche io ho avuto l’occasione e la gioia di apprezzare don Maurizio Patriciello, come sacerdote e come “militante” di quel sentimento di civismo che dovrebbe animare tutti noi. Leggendo l’articolo che mi ha dedicato su “Avvenire”, che mi onora per il solo fatto di aver preso in considerazione le mie riflessioni, mi chiedo e gli chiedo che cosa ho sbagliato nel mio scritto. >> LEGGI LA LETTERA DI DON PATRICIELLONel senso che ciò che ho sottoposto ai lettori del “Mattino”, avendo l’ardire nientemeno di rivolgermi al Papa (a beneficio di chi mi considera blasfema rispondo che si tratta di un evidente artifizio stilistico), non era la richiesta di una deroga speciale per consentirmi di fare la madrina a mia nipote, ma semplicemente il tentativo di aprire una discussione semplice semplice: in occasione di un evento come quello del Battesimo sono attuali quelle norme che impediscono a chi non è sposato in chiesa, e però è ritenuto credente e ciò è facilmente testimoniabile, di accompagnare il battezzato nel suo cammino? Valgono di più la volontà e la sostanza e la forza vitale di chi si appresta a tale compito oppure uno ”status”? Non giudico sbagliata la norma della Chiesa. No, giudico inopportuna, per non dire contraddittoria l’esclusione, il tratto di matita blu, i commenti, mi sia consentito, anche un po’ grevi: il vicario del vescovo è arrivato a ribaltare la realtà, sostenendo che mio marito è divorziato, ma egli non lo è, e allora mi sorge il fondato sospetto che ciò che è stato sostenuto sia stato solo il maldestro tentativo di giustificare il “no” e poi ancora di additare una conduzione di “concubinato” che non c’è.  Ho scritto che mi farebbe piacere analoga fermezza di comportamenti, da parte della mia Chiesa, non solo quando si tratta di morale sessuale o familiare ma anche quando parliamo di camorristi alle processioni, di sacerdoti sorridenti alle loro foto di gruppo, di banchetti consumati tra aragoste e abiti talari, di personaggi, più o meno noti, con due o tre famiglie che, quelli sì, il cammino evangelico di una nipote possono seguirlo davvero perché hanno i timbri a posto.  Mi spiace che tutto ciò io non sia riuscita a esprimerlo e che agli occhi di don Maurizio sia passato il messaggio di chi chiede favori. Ma è evidente che se avessi voluto ciò, avrei chiesto a mia sorella di cambiare parrocchia, non trova? Avevo messo nel conto che il mio strappo mi avrebbe provocato commenti anche dolorosi dal punto di vista strettamente personale. Ma certe volte è necessario, se non indispensabile, che lo scandalo avvenga. Lascio a chi è più bravo di me il compito di discuterne con dotte e sapienti argomentazioni. Io mi ritiro in buon ordine. Forse, alla fine di tutto, per trovare la luce basta solo guardare una croce. Nunzia De Girolamo Nunzia carissima, permettimi di rivolgermi a te come nel passato, non puoi immaginare con quanta attenzione ho accolto le tue parole che il direttore di “Avvenire” mi ha fatto arrivare, e – con esse – il tuo smarrimento, il tuo dolore. Comprendo bene quanto ti abbia fatto male il non poter fare da madrina a tua nipote. Questa situazione incresciosa per tutti – padrini e madrine mancati, genitori, parroci – purtroppo, nelle parrocchie, si viene a creare molto spesso. Ed è motivo di incomprensioni, malumori e sofferenza per tutti. La Chiesa, Nunzia, non è mia. Io sono solo un servo inutile di questo mistero che mi affascina e mi coinvolge. Un servo, però, che tutti, a cominciare da Gesù, vorrebbero che fosse fedele. Con questa Chiesa io cerco di vivere in sintonia. Non mi viene difficile, a dire il vero. Sono veramente poca cosa per ritenermi al di sopra del suo insegnamento e del Diritto canonico. Certo, è Gesù che bisogna conoscere, amare e servire. È la carità la legge suprema. La carità, però, rischia di essere una parola vuota se non è indissolubilmente legata alla verità. Continuo a credere che questo “tuo” incidente sia stato voluto dalla Provvidenza per richiamare la nostra attenzione sul sacramento del matrimonio. Mi piace pensare che il Signore sta chiedendo proprio a te un atto di umiltà per aiutare i fratelli a fare chiarezza su questo sacramento importantissimo in un momento di grande confusione. «I sacramenti del Nuovo Testamento, istituiti da Cristo Signore e affidati alla Chiesa, in quanto azioni di Cristo e della Chiesa, sono segni e mezzi mediante i quali la fede viene espressa e irrobustita, si rende culto a Dio e si compie la santificazione degli uomini, e pertanto concorrono sommamente a iniziare, confermare e manifestare la comunione ecclesiastica. Perciò nella loro celebrazione, sia i sacri ministri, sia gli altri fedeli debbono avere una profonda venerazione e la dovuta diligenza», si legge nel Diritto canonico. Se per un non credente il matrimonio celebrato in chiesa può essere considerato una semplice cerimonia, che nulla aggiunge al matrimonio civile, così non è per un battezzato. E tu, Nunzia sei stata battezzata. Sei, cioè, un membro vivo del corpo di Cristo. Vedi, io sono diventato prete il 29 aprile del 1989. Il giorno prima dell’ordinazione, nonostante il desiderio e la volontà di essere prete, gli studi fatti, le carte in regola, io non ero prete. Mi mancava la cosa più importante. Mi mancava il sacramento dell’Ordine. Mi mancava lo Spirito Santo e la grazia di stato per affrontare le tentazioni, le difficoltà e i pericoli legati al mio ministero. Altri giovani, migliori di me, più santi di me, più intelligenti di me chiedevano di essere ordinati, ma la Chiesa diocesana non lo ritenne opportuno. Quei giovani soffrirono enormemente. Li ho visti piangere. Ma non divennero preti.  La carità, Nunzia, è avere gli stessi sentimenti di Cristo Gesù. È un cammino faticoso e bello. Un’avventura unica. Tu scrivi di voler aprire «una discussione semplice semplice: in occasione di un evento come quello del Battesimo sono attuali, non dico fondate, quelle norme che impediscono a chi non è sposato in chiesa ma è ritenuto credente e ciò è facilmente testimoniabile, di accompagnare il battezzato nel suo cammino? Valgono di più la volontà e la sostanza e la forza vitale di chi si appresta a tale compito oppure uno “status”?». L’errore è tutto qua. Un sacramento non è un semplice “status”, ma una grazia straordinaria cui poter attingere per essere nel mondo testimone della carità di Cristo secondo il proprio stato. Io prete, tu laica impegnata in politica, per strade diverse dobbiamo illuminare con la luce che proviene da Cristo Signore i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Non credi, Nunzia, che il Signore ti stia chiedendo di rivedere, alla luce di quanto è accaduto, la tua scelta? Sarebbe veramente una bella testimonianza per tutti. Inutile dirti che mi rendo fin da adesso disponibile per la celebrazione. Benevento non è poi così lontana. Dio ti benedica. Maurizio Patriciello
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