martedì 11 aprile 2017
Legge sul «biotestamento»: perché anch’io voto no Gentile direttore, vorrei motivare il mio voto contrario al progetto di legge sul «fine vita» la cui discussione e votazione si è svolta
Legge sul «biotestamento»: perché anch’io voto no
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Legge sul «biotestamento»: perché anch’io voto no Gentile direttore, vorrei motivare il mio voto contrario al progetto di legge sul «fine vita» la cui discussione e votazione si è svolta in questi giorni alla Camera e proseguirà nelle prossime settimane. Le norme previste muovono da un’esigenza, quella di evitare accanimenti terapeutici, e affermano il diritto degli individui di disporre, in forma anticipata, la fine della propria vita, ricorrendo alcune condizioni cliniche.

Una prima considerazione: la persona è più di un individuo, è un insieme di relazioni che la precedono – i propri genitori – e che la seguono – i propri figli, la propria famiglia. In questo contesto la vita rappresenta un patrimonio che non può appartenere esclusivamente al singolo, quasi fosse lui stesso l’autore di sé. Questo tempo, il «fine vita», può essere assai significativo e nessuno dovrebbe poter stabilire, in una dichiarazione preventiva, assunta peraltro anni prima, la decisione di interrompere quello stato di vita. Non si tratta ovviamente di accanirsi per impedire il compiersi di un destino, quanto piuttosto di porsi il problema reale di assicurare una premurosa cura alle persone nel tempo ultimo della loro vita. Il rischio per le persone fragili e per quelle sole, sempre più numerose, non è l’accanimento terapeutico quanto piuttosto la latitanza terapeutica.

Andrebbe rafforzata una rete di presìdi per aiutare le persone a vivere questo tempo della vita ricco di domande e di mistero per il paziente e per chi lo assiste. E invece per la via intrapresa si rischia di fare un ampio passo di avvicinamento al 'diritto' eutanasico di programmare la fine di una vita. Passo che non mi sento di condividere. Penso che lo Stato, con le sue leggi, dovrebbe tenersi lontano dal confine misterioso che separa la vita dalla morte, che andrebbe affidato al dialogo premuroso tra paziente, famiglia e medico. Un dialogo che non si può normare rigidamente, essendo tante e diverse le variabili nella cura di una persona che fosse in una condizione clinica irreversibile.

Mi auguro, perciò, che nel resto del cammino parlamentare alla Camera prima e al Senato poi si possa avere come bussola il contenuto dell’articolo 2 della Costituzione che riconosce l’inviolabilità della vita e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà e di assistenza.

*deputato di Direzione Italia

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