Lo squilibrio da risanare
venerdì 3 febbraio 2023

Molte speranze sono state riposte nelle risorse rese disponibili per la salute dal Pnrr che, al momento, è però utilizzato prevalentemente per realizzare infrastrutture che rischiano di rimanere vuote per la carenza di medici e infermieri. È tuttavia ancora presto per formulare un giudizio sulle scelte strategiche in materia di sanità dell’esecutivo guidato dalla premier Giorgia Meloni. L’auspicio è che il nuovo Governo e il nuovo ministro della Salute tengano presente l’articolo della Costituzione che dichiara il diritto di tutti i cittadini alla salute. Che la salute sia un bene primario è la base su cui è fondato il Servizio sanitario nazionale (Ssn), che proprio per queste ragioni ha le caratteristiche di universalità, equità e gratuità.

Purtroppo oggi il diritto alla salute è solo il privilegio di una parte della popolazione: a molti, infatti, quel diritto è ben lontano dall’esser garantito. Tra questi, in primo luogo tutta la fascia di cittadini con basso livello di reddito e scolarità. Si calcola che attualmente siano circa dieci milioni. Sono persone a cui si dovrebbe fare più attenzione perché il basso livello socio-economico è uno dei maggiori fattori di rischio per malattie croniche e tumori. Se devono accedere al Ssn hanno grande difficoltà perché devono affrontare lunghe liste d’attesa, mentre la fascia di popolazione più benestante attraverso la cosiddetta “intramoenia” o la sanità privata riesce a ottenere i servizi e le prestazioni di cui abbisogna in tempi rapidi o comunque ragionevoli.

In altre parole: se puoi pagare, hai accesso a medici, strutture e attrezzature, mentre se non puoi pagare aspetti. Sembra di essere ritornati ai tempi della “mutua”. Non molto più aderente al diritto alla salute è la medicina del territorio. Pur riconoscendo molte eccezioni meritevoli, soprattutto in epoca Covid, i medici di medicina generale è raro che eseguano visite a domicilio, anche per paura di infettarsi. Spesso è anche difficile accedere agli ambulatori che sono aperti per poche ore alla settimana, per cui si assiste a un intasamento dei Pronto soccorso dove le attese sono lunghe e si danneggia così il diritto alla salute di chi ha veramente urgenza di intervento.

Esistono altri gruppi di cittadini per i quali il diritto alla salute è solo teorico: sono gli ammalati delle oltre 7mila malattie rare. Sono pochi per ogni singola malattia ma, tutti insieme, sono milioni. Chi si occupa di loro? Essendo pochi, l’industria farmaceutica non ha interesse a sviluppare farmaci perché poco o per nulla remunerativi. Lo Stato non se ne occupa perché la ricerca nel nostro Paese è considerata una spesa anziché un investimento. Quando verrà soddisfatto il diritto alla salute di questi cittadini?

Analogamente, un altro importante gruppo di persone che non hanno soddisfazione dei loro diritti sono gli ammalati di malattie neurodegenerative, per cui non esistono terapie e neppure si cercano perché è difficile raggiungerle. Il Ssn dovrebbe dedicare grande attenzione a questi pazienti e richiedere che si finanzino ricerche per accelerare la realizzazione di risultati. Un’altra parte della popolazione a cui vengono negati i diritti alla salute sono i pazienti che hanno bisogno di cure palliative, che non trovano aiuto né negli hospice né tanto meno a domicilio.

A fronte di necessità di terapie palliative per almeno 400mila persone all’anno abbiamo solo circa 300 hospice di cui un’ottantina nella sola Lombardia. I diritti alla salute scemano man mano che scendiamo al Sud, realtà da tenere ben presente mentre ci si prepara a consolidare, all’insegna di più autonomia, le differenze territoriali nel nostro Paese. Un discorso speciale, poi, riguarda il diritto alla salute degli ammalati mentali. Alla chiusura dei manicomi non ha fatto seguito la realizzazione di infrastrutture diversificate in grado di aiutare le famiglie che hanno in casa parenti con problemi psichici.

Al di là della disponibilità di farmaci, spesso inefficaci, mancano iniziative per permettere a questi ammalati una qualità della vita accettabile. In conclusione, esiste un grande divario fra il diritto alla salute dichiarato dalla Costituzione e la realtà dell’Italia di oggi: l’auspicio è che il Governo in carica, che ha appena doppiato la boa dei cento giorni, metta tra le sue priorità gli interventi necessari per correggere la rotta e migliorare la situazione.

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