L'incentivo non è vera gratitudine e il bene si fa per sé, non per soldi
giovedì 26 marzo 2020

Gentile direttore,
da pensionato, cercando di seguire tutte le regole introdotte per superare questo momento difficile, stamattina sono uscito per far la spesa al supermercato. Arrivato alla cassa per pagare, sento una cassiera che si rivolge a una collega: «...del personale si è messo in malattia e certe direzioni offrono gratifiche elevate a chi è disposto a presentarsi al lavoro ». Non sono riuscito a stare zitto: «E allora cosa si dovrebbe dare agli operatori sanitari impegnati allo stremo per cercare di salvare vite umane?». Tenga presente che mia moglie è medico e per ben 44 anni è stata in prima linea, quella prima linea sulla quale anche adesso si trovano diversi nostri parenti... Che chiedono solo di essere in condizione di lavorare bene per tutti noi!

Gianmario Gregori

Gentile e caro amico, penso che bisogna essere grati a medici e infermieri, primissima linea nella battaglia contro la pandemia in corso, e – insieme – a tutti coloro che in diverso modo sono impegnati per consentire la nostra vita e la nostra “resistenza”, magari con lavori più semplici eppure oggi rischiosi. Mi riferisco anch’io a chi fa funzionare le casse di negozi e supermercati, ma altrettanto, per esempio, a chi cura le pulizie in ospedali e uffici e locali ancora aperti. Lei pone, poi, il problema degli incentivi, che sono un modo molto in voga per “monetizzare” ed evitare di dire grazie a qualcuno, fino a farsi radicale alternativa al grazie stesso... Personalmente, se e quando è possibile, più soldi (che servono per vivere) non li negherei mai a nessuno, ma ponendoli (o, se vuole, purificandoli) in una logica del dono che rovescia quelle meramente “retributive” e “imperative” a cui ci siamo purtroppo abituati e ci riconduce al vero senso della gratitudine. Ciò che stiamo vivendo nei giorni del coronavirus ci insegna di nuovo il valore di ciò che “denaro non è” e a esso non può essere ridotto, perché è infinitamente di più. La famiglia, le amicizie, il lavoro, la città, la comunità cristiana... In questo “di più” c’è il far bene il proprio mestiere, onorando la propria umanità e quella altrui. Sono tante le persone che questo pensano, questo sentono e questo fanno. Il bene si fa per sé, non per quattrini.

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