martedì 5 giugno 2012
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Caro direttore,
con quale gratitudine sono tornato domenica pomeriggio in treno con gli amici dal prato di Bresso! Un’esperienza di attesa, di popolo, di comunione con il Papa che ci ha riempito il cuore! Una marea umana, un incredibile silenzio di un’immensità di persone: sono l’esperienza indimenticabile di come sia possibile l’unità della Chiesa quando tutti guardano dalla stessa parte. Un popolo vivo e lieto. Gente commossa e partecipe come non la vedevo da tempo. Dai balconi di Sesto San Giovanni chi guardava la fiumana passare per tornare alla stazione, gridava “viva il Papa” e dalla strada la risposta era libera e immediata. Il capostazione di Sesto San Giovanni tutto impegnato, con passione, sul piazzale col megafono ad aiutare tutti alla calma, all’ordine, all’attesa, all’attenzione ai bambini, si è preso persino gli applausi di quelli che aspettavano, rispettando pienamente i suoi inviti. I nostri bambini hanno giocato tranquilli sul prato per sei ore! E così hanno assimilato dentro il loro cuore cos’è una casa grande, una famiglia grande: un popolo. L’unilateralità, l’acrimonia, il giornalismo fazioso di questi mesi sulla Chiesa, sui movimenti ecclesiali (come purtroppo sanno fare su tutto ciò che c’è di buono nella nostra nazione) hanno ottenuto solo una più grande vicinanza e affetto al Vicario di Cristo da parte del popolo da lui guidato. Un affetto ragionevole, non sentimentale, non dimentico di affanni e problemi, ma un grande affetto, al Papa, cioè a chi ci ha fatto guardare ancora una volta al grande mistero di Cristo nella vita concreta di ogni giorno.
Roberto Pellegatta
 
Gentile direttore,
mi sembra che il Papa Benedetto XVI esca “vittorioso” dalla tre giorni milanese dedicata alla famiglia, e che, al motto: «Guarda, passa e non ti curar di loro», lui abbia dato una bella ed evangelica lezione ai suoi detrattori, tanto accalorati in questi giorni. Senza reticenze ha pure dato una stoccata ai nostri politici quando ha ribadito che devono mantenere le promesse (riferito sia al centrodestra che al centrosinistra). Importanti pure le parole dedicate ai separati e divorziati per dire loro che non sono fuori dalla Chiesa. Un’altra bella “lezione” è stata data col dono di 500 mila euro, raccolti dalle offerte, ai terremotati dell’Emilia.
Rolando Marchi, Padova
 
Caro direttore,
la parola chiave di Papa Benedetto XVI nell’Incontro mondiale delle famiglie a Milano è stata “gioia”, una gioia trasmessa non solo con la parola, ma soprattutto con il “sorriso” carico di una gratitudine che traspariva dai suoi occhi e dal suo gesto – ormai consueto, ma sempre nuovo – di allargare le braccia in segno di accoglienza e di affetto. Un Papa che nella sua straordinaria umiltà continua a parlare di Dio con una sapienza accessibile a tutti (anche a chi non vuol sentire!) ed è capace di trasmettere la gioia che porta con sé oltre all’umano il divino. È quella gioia che non si esaurisce con l’emozione del momento, ma dura nel tempo perché vera e trasparente. È quella gioia che porta con sé valori forti, pieni di una speranza che, giorno per giorno, costruisce certezze. È quella gioia che riscalda i cuori come ai discepoli di Emmaus; che ti “arde” dentro perché dono dello Spirito. È quella gioia che il mondo aspetta non solo dal Papa, ma da tutti i cattolici. È su questo che il mondo ci “vaglia” verificando l’autenticità del nostro dichiararci figli di Dio. Benedetto XVI ce lo ricorda continuamente… e allora controlliamo il termometro della nostra gioia e scopriremo a che punto siamo nel cammino della santità.
don Domenico A. Buffone
 
Caro direttore,
c’ero anch’io su quell’immenso pratone al Campo Volo di Bresso, io puntino invisibile di quell’unico popolo di famiglie radunato dai quattro angoli del mondo. Di grande effetto soprattutto la serata delle testimonianze: alle domande difficili su matrimonio e famiglia che venivano poste al Santo Padre noi reagivamo allungando il collo per cogliere ogni minima sua reazione, per non perdere neanche una sillaba di quel che diceva: e mentre la variegata moltitudine delle parlate (dal tedesco al boemo, dallo slovacco al polacco...) di chi ci stava a fianco sembrava inghiottirci senza più distinzioni, addirittura la luna, con la sua luce dello stesso biancore della figura papale, sembrava guardar giù sullo sterminato popolo del pianeta cattolico (e no). Singolare il fatto che, benché le domande fossero preparate, s’è visto molto bene come Benedetto XVI abbia voluto rispondere a braccio. Come avrebbe potuto fare altrimenti quando si sono avvicendate famiglie della Grecia che raccontavano del dramma che stanno vivendo, di famiglie provate dal terremoto, colpite dalla perdita del lavoro... dal divorzio e dalla separazione, dal fallimento familiare? Sulla tragedia moderna rappresentata dall’incapacità di vivere rapporti duraturi come coppie e come famiglie, mi ha colpito il richiamo che l’amore come puro sentimento, ovvero senza il coinvolgimento della ragione e della volontà, non può durare. Decisivo l’invito a prepararsi, a educarsi preventivamente all’avventura della condivisione come progetto–famiglia. Bella e gioiosa l’analogia con le nozze di Cana: il vino dell’amore umano finirà, è certo... per durare, un matrimonio richiede una rigenerazione, un vino nuovo che l’uomo non si può dare da solo: se Cristo non ci mette il dito, ogni unione tra moglie e marito è difficile resista.
Pippo Emmolo, Cusano Milanino
 
Caro direttore,
sono un ragazzo di diciassette anni, torno dall’Incontro mondiale delle famiglie con il cuore colmo di gioia e di rinnovata fiducia per aver partecipato alla Santa Messa celebrata da Papa Benedetto XVI nella sterminata piana dell’aeroporto di Bresso. Da un po’ di giorni, tuttavia, il tempo atmosferico di una poco credibile primavera non si smentisce: non c’è giorno senza nuvole. Ed eccoli là, i nuvoloni neri della protesta sollevata principalmente sul mondo di internet, di Facebook, dove tanti si sentono leoni al sicuro davanti al monitor del loro computer. Quante menzogne, quante critiche, quanta ignoranza! Parole vuote, senza contenuto né forma, ma affilate e indirizzate a ferire la nostra Chiesa e il nostro caro Santo Padre che, grazie al Cielo, non crolla! Perché, come ci ricorda lui stesso, la casa costruita sulla roccia resiste a tutte le intemperie! Cosa possiamo fare? Operare la Verità, venendo alla Luce, si legge nel Vangelo di Giovanni; pregare, “avvolgere” gli altri e noi stessi di preghiera, suggerisce Ernesto Olivero nell’intervista pubblicata sull’Avvenire di giovedì scorso. E per quanto riguarda il nostro Papa, come scrive Francesco Ognibene: guai a chi ce lo tocca!
Carlo Maria Cattaneo, Gorla Minore (Va)
 
Caro direttore,
ho partecipato a Milano all’Incontro delle famiglie con il Santo Padre ed è stata un’esperienza fantastica. Mi ha colpito constatare che la positività dell’evento era avvertibile non solo nei luoghi di raduno ma in tutta la città. Un’esperienza indimenticabile.
Roberto Colombo, Milano
 
No, per tutti noi sarà impossibile dimenticare. E per qualcun altro sarà difficile anche solo cercare di “rimuovere” dall’orizzonte del dibattito pubblico di casa nostra la serena, limpida, consapevole e forte riaffermazione dell’importanza e della bellezza della famiglia «società naturale fondata sul matrimonio» e aperta ai figli che la Costituzione italiana così bene richiama agli articoli 29, 30 e 31. Quanto alle polemiche e alle battute insensate, ai conti sballati e ai ricami cronachistici al veleno che alcuni non si stancano di fare, mi pare proprio che tra la “bolla mediatica” gonfiata attorno alla Chiesa (tra furti, manipolazioni, detti e contraddetti usati da altri, ma anche per errori, colpe e autogol commessi all’interno) e la vita vera della Chiesa e i veri sentimenti del popolo cattolico ci sia una distanza enorme che è emersa in modo chiarissimo nei giorni d’incontro vissuti a Milano e culminati nell’ascolto di Papa Benedetto e nell’abbraccio grato e affettuoso che gli abbiamo dato, ancora una volta, in tantissimi. Quelli che vogliono dividere e confondere sanno cantare i loro spartiti, sempre diversi e infine sempre identici, ma non c’incantano e non possono prevalere.
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