domenica 29 dicembre 2013
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Paese di urla, di blocchi, di spintoni. Paese del malcontento. Della furia. Della malora. Abbiamo avuto per giorni davanti agli occhi una immagine di un Paese, l’Italia, stremata, alla deriva e arrabbiata. Un’immagine che non corrisponde al vero. Non del tutto. Spesso propagandata ben oltre la reale consistenza di un reale disagio. Una idea di Italia fondata sul malcontento e sul grido. Che finisce per coprire spesso problemi gravi e interventi da troppo mancati. È da un po’ che va avanti questa 'moda'. Una maniera di condurre la battaglia politica fondata sul grido di guerra. Come se più gridando, si cambiassero le cose. La realtà non la si cambia gridando. Occorre la forza del sospiro. Che non è una cosa per cuori sentimentali, per anime belle. Il sospiro – come insegna la grande storia del monachesimo benedettino, risorsa in un’epoca di crisi ben più grave di questa – è anzi la parte più dura, più tenace di una persona. Noi sospiriamo per amore e per dedizione a qualcosa che ci riempie e oltrepassa il cuore. Occorre un forte sospiro, ovvero amare qualcosa di grande, per trarre ogni giorno la forza per provare a cambiare in meglio le cose che non vanno. Chiedete ai missionari che in molti luoghi del mondo hanno strappato alla malora situazioni terrificanti. Giravano gridando? Occorre sospirare per qualcosa che si ama con tutto il cuore per avere la forza di cambiare e per imprimere una forza di cambiamento alla realtà circostante. E anche quando il grido di protesta o di rabbia prorompe (e in certi momenti è giusto, è inevitabile che prorompa) potrà assumere forma costruttiva soltanto se pure esso, quel grido, poserà sulla forza di un sospiro. Di una dedizione a qualcosa di più grande di ogni tornaconto. Uomini che gridano possono forse muovere masse per un po’ di tempo. Ma solo uomini e donne che sospirano e ogni giorno si impegnano con la realtà – rugosa , diceva Rimbaud, ovvero faticosa – possono cambiare qualcosa. In questi anni troppa fiducia è stata raccolta e dispersa da urlatori di vario genere. A essi si sono opposti altri urlatori, o gente composta nei modi che però per il fatto di non essere urlanti non hanno dimostrato necessariamente di essere uomini del sospiro. Si sono rivelati, almeno in parte, uomini della conservazione e dell’immobilismo. Il sospiro fa meno scena dell’urlo. Ma è più rivoluzionario. Fa meno presa immediata sulle folle, ma è più lentamente e profondamente persuasivo quando incontra altre persone che ancora ne sono animate. L’urlo cerca il consenso immediato. Il sospiro ottiene il consenso del cuore. Il primo raduna militanti, il secondo svela compagni fraterni. L’urlo cerca la ribalta dei media (che spesso stolti e banali gliela concedono facilmente, pure troppo, quasi servili) il sospiro invece non ha strategie di comunicazione. Non esiste la banale, erronea contrapposizione tra 'urlo' e 'conservazione'. Il sospiro è una grande forza di cambiamento. C’è un cambiamento superficiale voluto da chi urla e un cambiamento più profondo voluto da chi sospira. Ma da cosa si riconosce in questi tempi un persona del sospiro? Un tempo, in un momento grave in cui tutto cambiò in Occidente, una buona parte degli uomini si riconosceva e si radunava attorno all’abito e alle mura dei monasteri benedettini. I monasteri diventarono luoghi di preghiera di lavoro, di coltivazione della terra e del sapere. E di difesa, e di cura. In quei luoghi il sospiro verso il cielo di non molti uomini divenne una possibile nuova fiducia verso la vita per molti. Ma ora? Da cosa riconosciamo tal genere di persone? Occorre solo guardarsi intorno. Esistono non pochi luoghi di sospiro e di ripresa. Luoghi dove si scommette sul futuro di ragazzi e sulla cura di chi non ha risorse. Persone genialmente impegnate nella educazione e nel fare impresa. Nel non cadere nella tentazione della sola rabbia sterile. Persone che non gridano o se lo fanno, a volte, è per ricordare a se stessi e ad altri per cosa vale la pena sospirare e costruire. Esistono nel nostro Paese tradizioni diverse, di matrice religiosa o animate da buona volontà sociale che han dato prova di nascere da un sospiro profondo e genuino e di non esaurirsi nell’urlare facile. A queste tradizioni vive, presenti, nuove occorre che chi ha responsabilità pubblica guardi e da esse impari cosa e dove cambiare, cosa lasciar crollare e cosa rinnovare. Il sospiro rappresenta una forza di reale cambiamento. Ma dev’essere presa sul serio. Se un’epoca di crisi si consegna agli uomini dell’urlo lascerà solo macerie e non provocherà cambiamenti positivi. Solo scontro e più malora per tutti. Per chi ha orecchie e cuore attenti, il sospiro è più forte e importante dell’urlo. Ma ci sono orecchie attente? ​
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