Caro direttore, le molestie di massa nei confronti di tante donne, la loro libertà negata e vilipesa a Colonia e in altre città europee nella notte di Capodanno sono la spia di una ferita culturale che oggi rischia di travolgere il disegno di una Europa unita nei valori della tolleranza, dell’integrazione pacifica e della solidarietà. Quello di Colonia, una delle piazze simbolo dell’Europa, è stato un attacco alla democrazia e ai valori universali che noi vorremmo testimoniare in ogni latitudine e in ogni parte del mondo. Ecco perché, direttore, sono molto d’accordo con la sua analisi: l’Europa unita dei popoli ha bisogno di una cultura del rispetto e della solidarietà per le «specificità» degli altri e di «princìpi semplici e forti», a cominciare proprio dall’assoluto riconoscimento della dignità della donna e della sua parità con l’uomo in ogni ambito della vita sociale e civile. È evidente che alcuni ambienti spingono a rifiutare i valori dei Paesi di accoglienza predicando la separazione tra le comunità per diffondere in Europa una cultura della sottomissione e della sopraffazione proprio nei confronti della donna. Non possiamo lasciare milioni di rifugiati in balia di 'cattivi maestri' o confinarli, come giustamente lei scrive, in «ghetti esplosivi» di risentimenti e di odio. Oggi i princìpi della nostra democrazia vengono attaccati e la donna diventa uno dei bersagli privilegiati nei confronti dei valori della convivenza solidale. Questo è un tema che bisogna affrontare con grande responsabilità senza farsi trascinare nella risposta di odio razzista alimentata da una destra xenofoba che vuole trasformare il sentimento di insicurezza in una
revanche ideologica. Bisogna far tesoro dell’esperienza positiva di tante Associazioni, penso all’Anolf della Cisl, alla Caritas, a Sant’Egidio ed ad altre importanti realtà laiche e cattoliche che hanno fatto dell’integrazione delle 'differenze' un progetto serio e condiviso per una società multietnica e interculturale rispettosa dei valori universali e delle leggi. Ecco perché non è il momento dei cortei contrapposti o delle strumentalizzazioni politiche su questa vicenda. La grande massa di immigrati e di profughi che oggi chiede accoglienza a tutti i Paesi europei non ha responsabilità nella vicenda di Colonia. Chi ha organizzato quei soprusi e violato le leggi deve essere individuato e punito. La violenza contro le donne è, purtroppo, un fenomeno presente ovunque, anzi i diritti delle donne non sono mai stati così nuovamente minacciati come negli ultimi anni, in Asia, nei Paesi arabi, in Africa, negli Stati Uniti, in America Latina e anche in Europa (una donna su tre, secondo gli ultimi dati Eurostat). Non nascondiamo la testa sotto la sabbia. Quante molestie ed aggressioni di 'branco' ci sono state anche nel nostro Paese ai danni di giovani donne, nell’indifferenza delle istituzioni, dei mas media e della società civile? Questo non deve certo sminuire il giudizio sulla gravità di quanto è accaduto a Colonia e in altre città europee e sulla superficialità, la sottovalutazione e l’impreparazione di chi avrebbe dovuto affrontare tali episodi di violenza. Ma è sbagliato scagliarsi contro le politiche umanitarie di accoglienza e la necessità di offrire un futuro migliore a milioni di persone che scappano dalla guerra, dalle persecuzioni e dalla fame. Dobbiamo saper integrare i profughi e nello stesso tempo rilanciare la libertà di tutte le donne di vivere la propria esistenza con dignità e rispetto, di esprimere la propria identità nelle città, nei luoghi di lavoro e di aggregazione sociale, nella famiglia, nei rapporti interpersonali. Deve essere l’Europa unita a contrastare il dilagare della violenza in tutte le sue forme attraverso i valori della coesione, della giustizia sociale, del lavoro come opportunità di inclusione e di riscatto, nel rispetto delle fedi e delle diverse identità. Questa è la battaglia culturale che dobbiamo fare, a partire dalla scuola e nei posti di lavoro, nella consapevolezza di difendere i nostri princìpi, il rispetto delle leggi e dei nostri costumi, nell’universalità dell’estensione dei nostri diritti.
* Segretaria Generale della Cisl