venerdì 28 aprile 2017
Caro direttore, il 19 aprile scorso l’ampia intervista di Beppe Grillo ad 'Avvenire' e il suo pur breve colloquio col 'Corriere della Sera' incentrato sul tema del lavoro e dell’economia in rapporto
Cattolici, M5S e povertà: discussione salutare
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Caro direttore, il 19 aprile scorso l’ampia intervista di Beppe Grillo ad 'Avvenire' e il suo pur breve colloquio col 'Corriere della Sera' incentrato sul tema del lavoro e dell’economia in rapporto anche col M5S hanno avuto il merito di ravvivare il dibattito sul contributo del cattolici al futuro del Paese, di fronte alle nuove sfide per la democrazia.

Chi ha nel proprio dna la lezione storica del cattolicesimo democratico e del popolarismo, non può infatti dimenticare che in Italia il cattolicesimo sociale e politico nacque per colmare un vuoto di rappresentanza, che vi era tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento a danno dei ceti popolari e lavoratori. Oltre alle macerie e alle derive totalitarie, a cui condussero le politiche miopi dei globalizzatori della belle époque, i cattolici seppero dare un contributo rilevante alla rinascita del nostro Paese: senza figure come De Gasperi e Mattei, Montini e Moro, solo per citarne alcune, la storia contemporanea dell’Italia forse non sarebbe la stessa. Ora, gran parte di questa ispirazione, di questa capacità di confrontarsi con le sfide del proprio tempo, i cattolici in Italia sembrano averla persa. Abbiamo, vissuto sugli allori, quasi pensando che non toccasse a noi dare risposte per il nostro presente, mentre la storia andava avanti e poneva inesorabilmente nuove domande.

Nell’ultimo quarto di secolo, in particolare, si è assistito a una progressiva assimilazione della dimensione popolare delle variegate esperienze sociali e civili dei cattolici nello schema del primato dei poteri economici e finanziari sulla politica. I cattolici democratici, come altre culture riformatrici liberali o progressiste, sono passati dal ruolo di coprotagonisti nella definizione delle politiche e delle scelte strategiche del Paese a esecutori di progetti definiti in ambito transnazionale, da oligarchie 'invisibili' e prive di controllo democratico. Da qui deriva la frattura che si è creata con il popolo e che è cresciuta in modo esponenziale con il sopraggiungere della crisi. Frattura da cui sono sorti i 'terzi poli' che hanno oltrepassato l’assetto bipolare in quasi tutta l’Europa. È umanamente comprensibile che per molti che hanno condiviso un percorso di impegno da cattolici in politica, parlare dei 5 Stelle possa risultare imbarazzante. Perché significa parlare in parte di un legame con il popolo che si è incrinato, di politiche molto spesso calate dall’alto, che si sono rivelate sbagliate in campo economico, monetario, sociale, internazionale. Politiche che oggi sono rifiutate con decisione da tanta parte del sentire popolare, mosso dalla consapevolezza di un grave impoverimento della vita delle famiglie e di una miseria dilagante tra le persone sole e isolate, di una mancanza e svalutazione del lavoro, di crescenti disuguaglianze e ingiustizie sociali, di un imbarbarimento delle relazioni internazionali.

Un contesto problematico nel quale tra le fasce sociali in difficoltà, divenute in pochi anni maggioritarie nel Paese, cresce il consenso al M5S o almeno viene visto come una sorta di ultima chance, un rischio ragionevole da correre di fronte al baratro che si prospetta. Il giudizio sul Movimento fondato da Grillo e Casaleggio, dunque, non può che essere articolato sia sul programma che sulla sua organizzazione interna. Il punto non è il pluralismo politico dei cattolici che sarebbe sorprendente non includesse anche il M5S. Semmai, il punto è saper cogliere, da una presenza così significativa di movimento di popolo, uno stimolo e una lezione, per un ritorno alle origini del popolarismo cattolico: guardare alla nostra storia per attualizzarne il metodo, per contribuire a ridare ossigeno alla democrazia, dando effettiva soggettività politica alle istanze popolari in un disegno profondo di cambiamento che torni a vedere i cattolici nel ruolo di co-protagonisti e di coprogettatori del nostro futuro, spezzando la subalternità culturale, prima ancora che politica, a quell’establishment la cui agenda è causa di molti dei problemi aperti sul piano economico, sociale e internazionale.

*già Presidente nazionale delle Acli, co-fondatore dell’Alleanza contro la Povertà

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