sabato 6 ottobre 2012
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Ma qual è la vera virata, il vero “decreto trasforma Italia”? Quello che ne porta il nome, approvato giovedì dal Consiglio dei ministri, o il testo, licenziato nella stessa riunione, che taglia i costi della politica? Certamente il primo – con le misure su investimenti e infrastrutture e, soprattutto, con l’utilizzo su larga scala della telematica nei rapporti tra cittadini e Pubblica amministrazione – cambierà il Paese, e non di poco. In termini di innovazione, efficienza e trasparenza. Ma il secondo, che affonda il bisturi per asportare il cancro della malapolitica, soprattutto a livello locale e regionale, lo potrebbe trasformare ancora di più.Provvedimento dall’alto valore simbolico, dopo la valanga di fango e gli scandali emersi in questi mesi: malversazione, peculato, appropriazione indebita, corruzione, concussione, abuso d’ufficio o anche “solo” allegri festini preceduti e accompagnati da mastondotiche jeep antineve, ville faraoniche e grassi conti in banca... Tutte “parole” (se si tratta di realtà lo diranno i giudici) transitate dalle pagine di cronaca giudiziaria e da quelle di cronaca politica. Vicende che hanno buttato benzina sul fuoco della disaffezione per la politica che tanto sta facendo la fortuna di tribuni e capi popolo del web. Il decreto sui costi della politica è, insomma, sicuramente una risposta a tutto questo. E non solo simbolica. In gioco c’è molto di più dei “tagli” di incarichi, vitalizi o altre prebende. In fondo, tirate le somme, le cifre che si risparmieranno non saranno così alte. La malapolitica convive con ben altro.Basta incrociare alcuni dati e si scopre (per chi lo vuole fare...) che le Regioni, o i Comuni, che spendono di più e peggio per la politica (e per il carrozzone che la politica spesso si porta dietro) sono anche le più inefficienti, quelle che offrono meno servizi e a costi, per i cittadini, più alti. Sono quelle dove la sanità è spesso commissariata per i baratri scavati nei bilanci. E dove i cittadini pagano ticket più alti, e magari fanno file interminabili e più facilmente si sentono dire «torni tra sei mesi...». Dove le strade sono piene di rifiuti e la differenziata è a livelli vergognosi, ma dove i contribuenti onesti pagano le tasse più alte. Dove le famiglie con disabili devono ogni anno pietire e lottare per avere a scuola l’assistenza adeguata. Sprechi e inefficienza vanno a braccetto. Così come corruzione e cattivi servizi. E non si finisce più di scoprirne.È il caso delle cosiddette “ambasciate” delle regioni all’estero. «Servono per promuovere meglio i nostri territori e ottenere più finanziamenti europei», è la giustificazione che abbiamo sentito ripetere come una cantilena. Ed è vero. Peccato che poi quando questi preziosi finanziamenti arrivano, diverse Regioni non siano neppure capaci di spenderli. Con l’ulteriore brutta figura della tirate d’orecchie Ue e conseguente rischio (che ormai si sta facendo certezza) di tagli dei finanziamenti stessi. E, guarda un po’, in prima fila nel gruppone di chi non sa progettare l’uso appropriato delle eurorisorse ci sono proprio quelle Regioni nelle quali la pressione fiscale è più alta. Tanti soldi che diventano pubblici e tanti interessi che restano privati. Cioè una politica “efficiente” per sé e “distratta” per i cittadini. Distratta da troppi soldi, da troppi incarichi, da troppo troppo...Ben vengano, dunque, i tagli decisi dal governo Monti, anche se a noi più che di “tagli” piacerebbe che si parlasse di doveri di equità, di giustizia e di ragionevolezza che si pretende siano onorati. E ben venga, come in un virtuoso combinato disposto, il ddl anticorruzione la cui approvazione è necessaria e urgente. Comprese quelle norme che, finalmente, prevedono che la tangente non sia solo quella pagata in moneta sonante o frusciante, ma anche in altre utilità, in favori, in facilitazioni. Questa è la strada: meno favori e più diritti, più doveri e meno privilegi, meno futile apparire e più intelligente concretezza, più servizi efficienti e meno feste. Questa è la buona politica, anzi questa è “la politica”. E questo, sì, trasforma l’Italia. Uno spettacolo a cui contribuire, a occhi bene aperti.
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