L'arresto di Ciro per droga e la domanda che rimane
mercoledì 24 febbraio 2021

Lo scorso mese di settembre, il Parco Verde, in Caivano, il quartiere che servo come parroco, ancora una volta, si ritrovò al centro di un’immane tragedia. Paola Gaglione, 18 anni, era morta sul colpo in seguito alla caduta dal motorino sul quale viaggiava con il suo compagno, Ciro Migliore, all’anagrafe Cira, giovane transessuale, suo dirimpettaio, con il quale aveva una relazione. Ciro, alla guida, tentava di scappare da Michele, fratello di Paola che li inseguiva con fare minaccioso. La magistratura, non noi, dovrà appurare se Michele abbia dato un calcio al motorino provocando la caduta di Paola o no. Seguirono giorni dolorosi e frenetici.

Tutti si chiedevano perché la famiglia di Paola fosse contraria a quella relazione. La risposta, per tanti quasi scontata, era per il fatto che Ciro fosse un transessuale. Pina, la mamma di Paola, donna minuta e fragile, non faceva che ripetere, che sì, era vero, loro non erano preparati per una relazione del genere, ma erano preoccupati soprattutto perché Ciro non aveva un lavoro, viveva di espedienti e aveva già avuto problemi con la giustizia.

Lei, come ogni mamma, avrebbe voluto che sua figlia continuasse a studiare. Invece, appena raggiunta la maggiore età, Paola aveva abbandonato tutto e tutti ed era scappata con Ciro. I due, senza lavoro, senza casa, senza soldi, venivano ospitati da qualche parente di Ciro ad Acerra. La famiglia Gaglione era seriamente preoccupata per la sorte di Paola. Ma la morte della ragazza per alcuni 'doveva' per forza passare come omicidio volontario. L’intenzione di Michele doveva essere quella di 'uccidere' sua sorella, perché omofobo. Sono parroco di entrambe le famiglie e mi intervistarono. Dissi di conoscere Michele sin da piccolo, ipotizzai che stesse rincorrendo sua sorella minore non per ucciderla, ma per riportarla a casa: a modo suo avrebbe voluto tutelarla. Questo non significava affatto condividere quel modo.

Ma apriti cielo! Bastò questa onesta e pacata convinzione, del tutto soggettiva e anche opinabile, perché si scatenassero ulteriori accuse di omofobia. Niente di più falso, ovviamente. Chi scrive non è, né mai potrebbe essere, omofobo; crede e s’impegna, però, per la civile libertà di espressione, di pensiero, di opinione, per l’obiezione di coscienza: diritti che tutti dicono di perseguire ma pochi sono disposti a riconoscere a chi non la pensa come loro. E però quella polemica infondata ed eccessiva serviva, quantomeno ad alimentare una deliberata confusione che avrebbe potuto facilitare il percorso del progetto di legge sull’omofobia. Martedì scorso, in uno dei frequenti blitz delle forze dell’ordine al Parco Verde, Ciro è stato arrestato per spaccio di droga. Nessuna meraviglia, solo tanta sofferenza.

È del tutto 'normale' che il quartiere campano definito «una delle più grandi piazze di spaccio d’Italia» faccia incetta di ragazzi e adolescenti e li trasformi in commessi, manovali, sentinelle, per accogliere, ogni giorno, centinaia e centinaia di 'clienti'. Quintali di droghe e un fiume di denaro, entrano, escono, insozzano, a tutte le ore, quei casermoni, abbrutendo e uccidendo tanta nostra gioventù. Non ho mai capito perché questo pericolosissimo campo minato, di cui si conoscono mappe e bombaroli, non venga bonificato una volta per sempre.

Non si vuole o non si può? La domanda resta inevasa. Tra le maglie della rete, che di volta in volta viene gettata, qualcuno e qualcosa, però, s’impiglia sempre. Stavolta c’è finito il povero Ciro. Anche lui, come tanti ragazzi del Parco Verde, ha ceduto alla sirena del guadagno facile e disonesto. Anche per questo la famiglia di Paola non vedeva di buon occhio quella relazione. A Ciro l’augurio di rimettersi quanto prima sulla giusta strada. Alla cara Paola un abbraccio al di là dello spazio e del tempo.

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