martedì 15 settembre 2009
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Il secondo viaggio in Abruzzo del cardinale Angelo Bagnasco, pre­sidente della Conferenza episcopa­le italiana, è un ulteriore tangibile messaggio, umile e potente: la Chie­sa ama. E lo fa in ogni tempo, ma so­prattutto in quello della prova e del­la sofferenza. Lo scopo della visita alle persone e alle famiglie – che por­tano ancora i segni dell’immane di­sastro sismico della primavera scor­sa – e l’incontro con i rappresentan­ti della Caritas nazionale e regiona­le e con il piccolo-grande esercito dei 2.500 volontari – che lavorano per far rimarginare quelle tragiche ferite – non è certamente un gesto politico, né l’offerta di una sempli­ce, per quanto preziosa, parola di so­lidarietà e di conforto. Leggendo con attenzione i segni del­la ripresa e cogliendo un clima glo­balmente positivo nel difficile can­tiere del dopo-terremoto, il cardina­le dice – con un’espressione che rias­sume in sé la qualità intima della vo­cazione pastorale – di essere torna­to nella terra aquilana perché «nes­suno, in qualunque situazione, de­ve sentirsi solo nella Chiesa». Una Chiesa che vuole e sa essere «fami­glia e fermento della società civile». Una Chiesa che vuole e sa farsi ri­sposta alla solitudine e allo smarri­mento personale e sociale, che han­no afferrato le popolazioni d’Abruz­zo nei momenti bui in cui la forza della natura ha seminato morte e di­struzione. Una Chiesa che vuole e sa essere grembo materno. Perché la Chiesa è una istituzione a responsa­bilità illimitata, e – attraverso le pa­role del presidente della Cei – è 'luo­go' di raccolta di generose energie spirituali e 'motore' per la distribu­zione di tangibili segni di condivi­sione e di ricostruzione dell’umano e degli spazi dell’umano. Un’opera grande, alla quale su im­pulso della Cei, la Caritas, le diocesi e le parrocchie italiane hanno dato un contributo concreto: trentuno milioni di euro, subito impegnati nella realizzazione di centri comu­nitari, di scuole e di strutture di edi­lizia sociale e abitativa. Un tesoro raccolto in questo tempo di crisi e­conomica, con una grande colletta che ha sfidato a un’ulteriore prova d’amore la nostra Chiesa italiana già coralmente mobilitata nel sostegno alle famiglie che più pagano le con­seguenze della recessione. Una prova d’amore che gli abruzze­si meritano. Il cardinal Bagnasco sa quanto gli aquilani amino la loro terra, e quanto si siano prima sco­raggiati e poi mobilitati quando ven­ne evocato lo spostamento di stori­ci centri in zone nuove e diverse. E per questo ha tenuto a sottolineare la sua soddisfazione nel vedere que­sto popolo fiero e gentile finalmen­te rassicurato dai cantieri della ri­costruzione installati nei luoghi che hanno visto fiorire, nel tempo, ric­che tradizioni e forte spirito di ap­partenenza. I grandi sacrifici, sop­portati da migliaia di abruzzesi, subìti giorno dopo giorno sotto le tende dell’attesa, non andranno in­somma perduti. E da questa pro­spettiva e dalla forte identità degli a­bruzzesi viene la spinta per guarda­re in avanti, rafforzando – dice an­cora il cardinal Bagnasco – «fede e speranze». L’amore «edifica», ci insegna san Paolo (1 Cor 8,1). E l’amore delle co­munità cristiane sta aiutando a strutturare spazi perché nell’Aqui­lano riprenda, il prima possibile, il ritmo normale della vita. E questo stesso amore si insinua con forza nel gioco sconcertante degli eventi na­turali e dei mali della storia, senza illusioni, ma nonostante tutto sfi­dandoli, nonostante tutto produ­cendo modelli e opere positive. Sì, l’amore edifica.
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