sabato 15 dicembre 2012
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Una breve sintesi della dottrina sociale della Chiesa, quasi una piccola enciclica. Il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace va alla radice dell’impegno cristiano nel mondo, accende i riflettori del cuore e dell’anima sul rapporto tra Dio e l’uomo, tra il suo dono di libertà e il nostro ritrarci, tra l’offerta di eternità e la schiavitù delle piccole sicurezze quotidiane. Punto di partenza è che «l’uomo è fatto per la pace», ogni uomo, anche quello che sembra conoscere solo il linguaggio della violenza. Una vocazione, scrive il Papa, che coincide con il desiderio di una vita piena, felice e ben realizzata. Perché accettare il disegno di Dio non significa cercare la sofferenza oggi, in vista di una presunta gioia futura e non è neppure sinonimo di ingenuità o di fuga dal mondo. Il cristiano è semplicemente, o almeno dovrebbe essere, colui che vive la realtà di tutti avendo, in più, la capacità di assaporare già in questa vita la bellezza delle cose divine.Ecco allora il richiamo a quello scrigno di speranza che sono le beatitudini, la promessa, l’assicurazione che chi si lascia guidare «dalle esigenze della verità, della giustizia e dell’amore», diventa un autentico operatore di pace. Collocata nell’Anno della fede, la riflessione del Papa è quanto mai significativa. Due i punti cardinali presi come riferimento: il Concilio Vaticano II e la Pacem in terris. In particolare l’ultima enciclica di Giovanni XXIII va al cuore della convivenza pacifica che, sottolineava il "Papa buono", si fonda su quattro capisaldi: verità, libertà, amore e giustizia. Un deposito di sapienza, un vademecum che vale oggi come allora, anche se gli scenari sono profondamente mutati. Cinquant’anni fa il macabro manto della "guerra fredda" avvolgeva un mondo diviso tra capitalismo e socialismo. Oggi i nemici della piena realizzazione dell’uomo crescono in modo più subdolo e nascosto, spesso mascherati sotto false promesse di libertà e di tolleranza.I primi nemici della pace sono la dittatura del relativismo, una vita morale in cui tutto è lecito, un modello economico che guarda solo agli interessi finanziari e dimentica l’uomo, che vede nella libertà dei mercati l’unico parametro credibile dello sviluppo. E invece no, ammonisce Benedetto XVI, ogni ordinamento sociale, a qualsiasi latitudine si collochi, deve perseguire come priorità l’accesso al lavoro e il suo mantenimento per tutti. Parole forti che però non vanno isolate ma inserite a pieno titolo in quella che il Papa definisce «precondizione della pace», cioè il riconoscimento «dell’imprescindibile legge morale naturale scritta da Dio nella coscienza di ogni uomo». Di qui il richiamo al rispetto della vita umana contro la spinta a codificare come diritto la liberalizzazione dell’aborto o le spinte eutanasiche. E ancora la difesa della struttura naturale del matrimonio, intesa come unione tra uomo e donna, rispetto ai tentativi di renderlo equivalente a forme diverse di legami che finirebbero per oscurare il «suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale». Princìpi, sottolinea il Pontefice, che non sono verità di fede, né derivanti dal diritto alla libertà religiosa ma «inscritti nella natura umana, riconoscibili con la ragione e quindi comuni a tutta l’umanità». Partendo da questo presupposto l’analisi del Papa illumina altri scenari e differenti capitoli, dal ruolo decisivo della famiglia soprattutto in campo educativo, all’impegno contro la crisi alimentare «ben più grave di quella finanziaria», dalla necessità di una «strutturazione etica» dei mercati al principio di gratuità come espressione di fraternità e della logica del dono.Il risultato è un’analisi quanto mai ricca e complessa e stupisce che certi circoli mediatici l’abbiano esclusivamente ridotta al ribadito e coerente no alle unioni omosessuali. L’idea di fondo è che l’operatore di pace, secondo la beatitudine di Gesù, sia colui che ricerca il bene dell’altro, il bene pieno dell’anima e del corpo, oggi e domani. Non si tratta di sognare né di inseguire utopie più o meno affascinanti, ma di rispondere a una vocazione. Perché l’uomo, ogni uomo, è fatto per la pace.
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