mercoledì 13 agosto 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Il Papa parte oggi, mercoledì, per il suo primo viaggio in Estremo Oriente, destinazione Corea del Sud. Non è il primo in Asia, perché in senso tecnico anche la visita del maggio scorso in Terra Santa si è svolta per intero sul suolo del grande continente. E non sarà l’unico, dato che a gennaio del 2015 si recherà nelle Filippine e nello Sri Lanka.  Dunque, tre viaggi del Pontefice su quattro, tra quelli effettuati o in via di realizzazione al di fuori dell’Italia, hanno come destinazione il gigante asiatico. Senza contare la costante attenzione riservata ai nuovi dolorosi 'incendi' dello scacchiere mediorientale (Asia anche questa). Si può parlare, a questo punto, di una 'strategia' di Papa Bergoglio per il continente che ha dato i natali a Cristo e al cristianesimo e che paradossalmente dopo duemila anni è il meno evangelizzato? La risposta è nei fatti, oltre che nella storia personale del Vescovo di Roma, il quale da giovane cullava il desiderio di andare missionario in Giappone. Non stupisce, dunque, che ora, da Papa, egli riprenda con decisione la via dell’est. E se nella lista non c’è ancora Tokyo (ma voci non confermate a livello ufficiale danno già in gestazione anche questa visita) l’elenco comprende nazioni a loro modo emblematiche delle diverse situazioni continentali. Le Filippine, unico Paese a maggioranza cattolica eppure insidiato dal terrorismo islamico, lo Sri Lanka, attraversato da tensioni etniche ma con una Chiesa fiorente, e la Corea del Sud, dove la comunità cattolica cresce a ritmi intensi.  Perché proprio la penisola coreana come porta di ingresso all’Estremo Oriente? Il Papa non ha fatto mistero di aver preso la decisione per un’ispirazione dall’alto mentre leggeva la lettera di invito che gli era stata indirizzata dal vescovo di Daejeon, Lazzaro You Heug-sik. «Ho sentito nel cuore una voce forte dal Cielo che mi diceva: devi andare in Corea». Ma sicuramente non è estranea a questa ispirazione la realtà di una Chiesa nata per iniziativa di laici, corroborata dal sangue dei martiri e oggi in forte espansione, oltre che orientata alla missione verso gli altri Paesi del Continente. Se a questo si aggiunge il fattore giovani (uno dei principali motivi ispiratori del viaggio è la VI Giornata asiatica della Gioventù) gli elementi ci sono tutti e fanno comprendere come il Papa intenda muoversi rispetto all’evangelizzazione dell’Asia, cioè a quella che già Giovanni Paolo II indicava come la sfida principale per la Chiesa del Terzo Millennio.  Colpisce soprattutto che Francesco metta l’accento sul martirio. «La luce di Cristo brilla come in uno specchio nella testimonianza di Paul Yun Jichung e dei suoi 123 compagni martiri che beatificherò il 16 agosto», ha detto lunedì in un videomessaggio inviato in Corea. Non è solo storia di duecento anni fa. Quella luce brilla anche nella cronaca dolorosa dei nostri giorni in Iraq e in Siria, spesso in India, talvolta nello Sri Lanka e nel sud delle Filippine (non a caso le prossime due tappe asiatiche di Francesco), nel recente passato a Timor Est e in Vietnam e, soprattutto, a ondate ricorrenti in Cina, ingombrante vicino della Corea del Sud e storico sostenitore della Corea del Nord, dove la Chiesa è stata quasi annientata dal regime. Situazioni queste, cui non è escluso che il Papa faccia riferimento in qualcuno dei suoi discorsi. La vicenda della Chiesa coreana, dove davvero il sangue dei martiri è diventato seme di nuovi cristiani (e nuovi cristiani missionari), è un paradigma. Un esempio da indicare soprattutto ai giovani perché non abbiano paura di annunciare il Vangelo. Nella parte di mondo in cui si costruisce il futuro a colpi di chip e di elettronica – fa capire il Pontefice con la sua scelta –, il cristianesimo non può essere assente. Pena un impoverimento complessivo dell’umano, ridotto alla dimensione di pedina di giganteschi ingranaggi economici o avviluppato in una religiosità che non conosce agganci alla storia. Sommando dunque questi elementi, la 'strategia asiatica' di Papa Francesco è riassumibile in un altro passaggio del videomessaggio di lunedì. «Vorrei annunciare a tutti l’unico nome nel quale possiamo essere salvati: Gesù, il Signore». Per questo il Papa va in Corea. Per questo dedica così tanta attenzione all’Asia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: