La saldezza della democrazia cilena e la via per curare il «male» odierno
martedì 12 novembre 2019

Signor direttore,

in riferimento ai fatti degli ultimi giorni in Cile, è stata messa in discussione la legittimità della Costituzione politica vigente nel nostro Paese. Riteniamo importante e indispensabile chiarire che l’attuale Costituzione è stata riformata più volte e che la riforma realizzata nel 2005 è la più completa e profonda di tutte.

Durante la presidenza di Ricardo Lagos Escobar, il Governo giunse a un accordo con tutte le forze politiche che, in democrazia, sono rappresentate dal Potere Legislativo, Senato e Camera dei Deputati in Cile, co-legislatori in base alle norme dello Stato di Diritto.

Il 17 settembre dell’anno 2005 il Presidente della Repubblica Ricardo Lagos in una cerimonia solenne e in presenza dei Presidenti di entrambe le Camere e della Corte Suprema di Giustizia, procedette alla firma del nuovo testo costituzionale. In quell’occasione, io stesso, in quanto all’epoca Presidente del Senato, presi parte all’Accordo e fui presente alla firma quando il Presidente della Repubblica sostenne: «Questo è un giorno molto importante per il Cile. Abbiamo motivo di celebrare. Finalmente abbiamo una Costituzione democratica, d’accordo con lo spirito del Cile, dell’anima permanente del Cile... Questo è l’inizio di una nuova tappa della storia, con una patria più grande, più unita, più prestigiosa, nota al mondo... Questa nuova Costituzione non divide più e ha a che vedere con i reali problemi della gente... ».

D’altra parte, il Presidente Sebastián Piñera in questi giorni ha dichiarato alla Bbc di Londra: «La soluzione in democrazia è rispettare le regole non attentare contro di esse, con la pretesa di destabilizzare un Governo che ha vinto le elezioni legittimamente. Dopo il ripristino dell’ordine pubblico e l’avvio dell’Agenda Sociale, il dibattito non si concluderà e si aprirà una nuova fase in cui siamo disposti a conversare di tutto, anche della Riforma della Costituzione».

L’impero del caos e della violenza che fomentano i settori estremisti in Cile contraddicono queste espressioni e ciò porta all’anarchia e alla perdita di libertà, dritto umano fondamentale.

In democrazia i piccoli o grandi accordi si fanno dialogando, con rispetto reciproco e in un contesto di ordine e sicurezza. Ringraziando per l’attenzione e la pubblicazione della presente, la prego di voler gradire in miei più cordiali saluti.

Sergio Romero Pizarro, Ambasciatore del Cile


Pubblico volentieri la sua lettera, gentile signor Ambasciatore, anche se “Avvenire” – a differenza di altri – non ha mai sostenuto che la Costituzione vigente in Cile sia ancora quella varata ai tempi della dittatura del generale Pinochet. Accolgo, dunque, la sua garbata messa a punto perché in essa si sottolinea utilmente un passaggio della storia politico-istituzionale cilena che è bene richiamare, sebbene i nostri attenti lettori dovrebbero averlo già piuttosto chiaro. Da sempre, infatti, garantiamo un’informazione di riconosciuta qualità nelle nostre pagine di cronaca internazionale, e seguiamo con particolare attenzione le vicende dell’America Latina e, all’interno di esse, quelle specificamente concernenti il suo Paese. Così lontano eppure davvero caro al cuore di tanti italiani, e anche – lo confesso – al mio.

Credo però necessario e altrettanto utile aggiungere un’ulteriore doppia sottolineatura. Con la prima intendo ampliare appena un po’ un punto della sua ricostruzione: la Costituzione cilena del 2005 – salutata con tanta enfasi e gioia dal presidente Lagos – fu il frutto, quasi tre lustri fa, di un dialogo delicato e complesso che vide infine convergere forze di governo e di opposizione. All’epoca i tre massimi rappresentanti politici delle istituzioni cilene erano il presidente Ricardo Lagos, uomo della sinistra, a lungo leader di una delle formazioni figlie della tradizione socialista, il Partido por la Democracia, e accanto a lui il presidente della Camera, il democratico cristiano Gabriel Ascencio e lei, signor Ambasciatore, allora presidente del Senato che è un autorevole esponente di Renovación Nacional, partito liberal-conservatore, lo stesso che oggi esprime la massima carica dello Stato, il presidente Sebastián Piñera. Quel passaggio preparò una fase più matura della rinnovata democrazia cilena, con l’attuale “stagione dell’alternanza” sinistra-destra che di lì a poco avrebbe portato – dopo quattro vittorie consecutive della Concertación di centrosinistra – all’alternanza, appunto, due volte ripetuta tra la socialista Michelle Bachelet e l’attuale primer mandatario Piñera. La seconda sottolineatura è sulla “riforma incompleta” rappresentata dalla Costituzione del 2005 rispetto al lascito del regime pinochetista (dura e drammatica “parentesi”, durata solo sedici anni e mezzo nella lunghissima storia democratica del suo Paese, ma simili per certi versi a una tenaglia difficile da spezzare definitivamente). L’augurio è che la riforma ulteriore e più profonda di cui parla in queste ore lo stesso presidente Piñera sia realizzata con la stessa capacità di dialogo sperimentata quattordici anni fa e, dunque, con una lucida e generosa convergenza tra le grandi forze politiche del Cile. Al male si deve saper rispondere con questo bene: una risposta di alta politica. Perché il “male” da curare è serio e impone forte replica. Il male è, prima di tutto, il disagio, la fatica di vivere e l’insoddisfazione democratica di ancora troppi cileni: sentimenti e attese che sono espressi con civile determinazione dalla maggioranza dei contestatori. Ma il male sono anche i gravi casi di protesta di piazza violenta e inquinata da veri e propri atti criminali. E il male è purtroppo una risposta di polizia che in diversi casi si è rivelata di inadeguatezza e sproporzione altrettanto violente. Non vorrei darle la sensazione di giudicare, signor Ambasciatore. Non è così. Ho rispetto e affetto per il Cile, per il suo popolo gentile, per i valori della sua cultura, per la sua democrazia. E per questo condivido sino in fondo l’invocazione finale che lei fa, indicando la via di una “ripartenza” fondata sul rispetto della legalità democratica e della sicurezza pubblica e delle persone. La saluto con sincera cordialità.

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