mercoledì 11 marzo 2015
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In questi giorni siamo invasi da una melassa pubblicitaria sull’Expo che è effettivamente una grande occasione per il nostro Paese. L’Expo 2015 ha l’ambizione di aver scelto un tema impegnativo come quello del cibo e della sostenibilità sociale. Il tema poi però bisogna svolgerlo e il Papa con un messaggio che più stringato di così non poteva essere ha messo tutti alle strette sulla questione essenziale. Nel mondo oggi c’è cibo per tutti, ma molti non mangiano. È la sintesi dei pregi e dei difetti del nostro sistema economico dove il problema non è la creazione di beni e servizi, ma la loro distribuzione. In questo nostro sistema dal 2000 a oggi è stato prodotto quasi un quarto di tutti i beni apparsi sulla faccia della terra dalla nascita di Cristo. In esso 85 super ricchi hanno un patrimonio pari a quello dei 3 miliardi dei meno abbienti, e l’1% dei più ricchi arriverà entro il 2016 a possedere tutto quello che ha il restante 99%. Eppure, come detto argutamente da un vignettista, «è prematuro per alcuni parlare di redistribuzione, bisogna aspettare – prima – che uno solo abbia tutto». L’economia civile ha già le soluzioni pronte. Passare da un sistema "a due mani" (mercato e istituzioni) a un sistema "a quattro mani" dove un ruolo chiave complemenetare a quello di mercato e istituzioni è giocato da cittadini responsabili che "votano col portafoglio" e imprese civili che non hanno come unico obiettivo la massimizzazione del profitto. Non sono parole vuote, ma realtà che esistono e stanno crescendo. Lo scorso anno le vendite dei prodotti equosolidali sono cresciute del 33% in Germania, del 26% in Olanda del 16% nel Regno Unito e mediamente più del 20% in Europa. Il "voto col portafoglio" dei cittadini responsabili che hanno acquistato questi prodotti ha contagiato grandi aziende multinazionali che hanno parzialmente iniziato ad adottare tali pratiche. In finanza, i fondi etici che "votano col portafoglio" selezionando anche sulla base della responsabilità sociale e ambientale sono ormai a una quota pari al 41% in Europa (6.900 miliardi di euro) secondo i dati Eurosif, anche se i filtri sono ancora troppo blandi. Per rendere più facile l’azione dei cittadini responsabili, Oxfam ha lanciato la grande campagna "scopri il marchio" proprio nel settore del cibo. Ci ricorda che nel mondo ci sono ancora 840 milioni di persone che soffrono la fame a fronte di più di un miliardo di persone sovrappeso, che il cambiamento climatico minaccia i raccolti e l’offerta di acqua potabile e che la lotta per la terra rischia di essere foriera di gravi conflitti negli anni futuri. Osserva che le 10 "grandi sorelle" del cibo hanno ricavi uguali al Pil combinato di tutti i Paesi a basso reddito del mondo e pubblica le pagelle dei loro comportamenti in materia di uso di terra e acqua potabile nonché di diritti del lavoro lungo la filiera sulla base di una batteria di indicatori pubblicati e verificabili. Chiede, infine, ai cittadini di inviare messaggi in rete alle aziende per stimolarle a far meglio. Dall’inizio della campagna sono arrivati più di 700mila messaggi, e 32 maggiori fondi d’investimento con un patrimonio attorno a 1,5 trilioni di dollari si sono uniti a Oxfam nella campagna di pressione. Il risultato è stato che nove aziende su dieci hanno modificato le loro politiche sul cibo. La campagna è in divenire e i suoi progressi sono verificabili online su www.oxfamitalia.org. Il mondo sta cambiando velocemente e può farlo ancora di più. Abbiamo bisogno di "enzimi", ovvero di partiti, sindacati, enti intermedi, organizzazioni influenti di buona volontà che aggreghino e rendano più forte e visibile il "voto col portafoglio" (o col mouse) di queste coalizioni di volenterosi che già oggi si stanno impegnando. Abbiamo bisogno di "Primi Maggio" che non siano sterili rimpatriate per ascoltare concerti in piazza, ma manifestazioni di folla per rendere visibile il voto col portafoglio proprio come nella campagna slotmob sull’azzardo. In un’economia globale la battaglia contro la svalutazione salariale, contro la corsa al ribasso su diritti del lavoro e tutela dell’ambiente non si può più fare in un solo Paese, ma va condotta a livello globale usando questi strumenti. Le stesse aziende aspettano la mobilitazione dei cittadini e rispondono con piacere quando osservano che le loro iniziative di responsabilità sociale e ambientale possono essere premiate dai consumatori e dai risparmiatori. I tempi sono maturi e se qualche "enzima" inizierà a lavorare in modo serio per questo cambiamento l’anno dell’Expo sarà veramente un anno memorabile e non un’inutile melassa retorica.
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