mercoledì 11 febbraio 2015
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Caro direttore, ho sempre pensato che l’Europa Unita fosse l’edizione moderna e in peggio della Torre di Babele, cosa ne sanno a Bruxelles o a Strasburgo se nel canale di Sicilia si muore di freddo, quando questi burocrati se ne stanno beatamente nei loro palazzi e al calduccio. Triton che doveva essere la soluzione europea agli sbarchi s’è dimostrata un autentico fallimento, non ne avevo alcun dubbio, anche perché i nostri politicanti dal portafoglio pieno ma col cervello vuoto in questo momento hanno un gran problema da risolvere per il mare, la lunghezza delle vongole. L’ho già sentita diverse volte questa fesseria “Mai più morti sui barconi”, infatti, questa profezia viene sistematicamente smentita, e i mandanti senza vergogna si aggirano impuniti tra noi, i nostri governanti devono smetterla di predicare l’accoglienza, quando proprio loro e senza scrupoli sono i primi a tenerla lontana standosene comodamente nelle loro magioni... Caro direttore sa che cosa diceva in tempi non sospetti il filosofo Blaise Pascal: «Non si fa mai il male così pienamente e così allegramente come quando lo si fa per coscienza». Io, comunque, avrei una soluzione valida, quindi irrealizzabile, per risolvere il problema delle morti in mare: trasferire le più alte cariche dello Stato italiano – Mattarella, Grasso, Boldrini e Renzi – e dell’Unione Europea – Merkel, Juncker, Schulz & co.– a Lampedusa, ma non per fare passerella con le tv al seguito, ma a viverci e a soccorrere i migranti come fanno i cittadini “normali”, oppure farli spostare con le loro abitazioni in certi quartieri ad alto tasso d’immigrazione, allora forse capirebbero. Forse... Enzo Bernasconi, Varese Ogni civile opinione è legittima, caro signor Bernasconi. E devo dire che trovo apprezzabile la sua grintosa voglia di avvicinare le istituzioni della nostra Repubblica e dell’Unione Europea alla vita dei cittadini semplici. Se ho ben capito – e credo di aver ben capito – lei vorrebbe avvicinarle a tutti i cittadini, senza distinzione alcuna: agli italiani per nascita e ai migranti per speranza o per disperazione. Perché noi e loro – anzi, meglio, noi tutti – viviamo già insieme e solo un patto di cittadinanza chiaro e forte, fondato su princìpi saldi e condivisi di libertà e di rispetto, regolato da norme robuste e accoglienti, può dare un senso degno e un giusto futuro – cioè davvero italiano ed europeo – a questa convivenza che è la prosecuzione nel XXI secolo del meticciato antico che – sugli accordi una cultura comune e capace di comunicarsi – ha fatto ancor più speciale questa nostra terra speciale. Solo che io, gentile lettore, emenderei seriamente la sua proposta. Mi piace infatti l’idea di vertici dello Stato più “prossimi” alle ferite aperte nella nostra società e credo che i quattro presidenti da lei citati – a cominciare da Sergio Mattarella, un capo dello Stato che ci ha testimoniato da subito e in modo persuasivo e limpido il valore della con-cittadinanza – possano ben esserlo, e perciò sia giusto volere da loro segnali e scelte sempre più nette e importanti in tale direzione. Io penso che ci andranno da soli, a Lampedusa. Scegliendo tempo e modo. E penso anche che bisogna avere uno sguardo sereno e libero. Si può, per esempio, dissentire su questo o quell’argomento da Laura Boldrini o votare per un partito diverso e persino avversario del suo, ma chi conosce la storia pre-politica – e il lavoro svolto all’Alto Commissariato Onu per i rifugiati – dell’attuale presidente della Camera come può accusarla di essere una “signora di palazzo” che nulla sa della vita dei più poveri ed emarginati? Per questo, gentile lettore, le dico con franchezza che a Lampedusa, ad accogliere i morti e i mezzi morti di gelo in mezzo al mare tra l’Africa e il nostro continente, a guardare in faccia questi fratelli di un’altra terra e gli abitanti di un’isola generosa che ancora una volta sono costretti a vivere dentro a una tragedia che sembra non finire mai, ci manderei – prima di tutto – quei politici italiani ed europei che si sono spesi incessantemente per denigrare e far finire l’operazione umanitaria “Mare Nostrum”. Ci manderei i demagoghi e gli xenofobi. Ci manderei, insomma, quelli che si sono spellati le mani quando hanno visto ritirare le navi della nostra Marina. Quelle navi che l’allora premier Enrico Letta aveva lucidamente e coraggiosamente schierato nel Canale di Sicilia, rompendo definitivamente con un passato di respingimenti illegali e ciechi e di indifferenza complice di ogni assassinio perpetrato, in mare e al di là del mare, da cinici dittatori, tagliagole jihadisti e trafficanti di persone. Quelle navi italiane erano state messe di guardia contro le stragi, erano state cioè messe a fare tutto ciò che, per umanità e per buona politica, era giusto fare. Giusto per i profughi in cerca di pace e di domani e giusto contro gli sfruttatori dello stato di bisogno di queste donne e di questi uomini. Giusto per noi stessi e per la nostra dignità di nazione civile. Giusto per smascherare l’ipocrisia di un’Europa sempre pronta a giudicare l’Italia e mai disposta – come ha ricordato ieri anche il cardinale Bagnasco – a fare la parte dovuta sulla sua lunga frontiera marina con il Sud del mondo. Siamo di nuovo a quel punto. Mentre ancora non prende forma il (non facile) progetto di una rete di accoglienza e di riconoscimento che cominci già sulle coste meridionali e orientali del Mediterraneo. Mentre nel Mediterraneo si continua a morire. E, allora, sa a che cosa e a chi mi fa pensare la sua citazione di Pascal, caro signor Bernasconi? A chi tuona «per coscienza» contro i «clandestini invasori» mistificando e confondendo le vittime coi carnefici. A chi «per coscienza» ha deciso di fermare “Mare Nostrum”. A chi «per coscienza» ha reso deboli gli occhi e le braccia di “Triton”, l’operazione navale targata Ue. Tutti costoro portano il peso della nuova gelida strage. Lo portano tanto quanto i banditi che hanno spinto i barconi in mare. Tutti insieme ne sono responsabili.
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