La Messa galleggiante: perché s'indaga e perché non è una cosa da Procura
venerdì 29 luglio 2022

Gentile direttore,

la vicenda della santa Messa “galleggiante”, celebrata su una spiaggia calabrese da un sacerdote lombardo, con la Procura di Crotone che indaga, mi lascia veramente interdetto. Il tono degli articoli scritti su “Avvenire” in questi giorni va benissimo, e ho trovato molto bello e vero il commento di Sequeri (28 luglio 2022). Mi stupisce, tuttavia, che nell’articolo di Ognibene venga solo preso atto che c’è un’indagine in corso. Secondo me va condannato il fatto che una Procura dello Stato italiano si interessi di una vicenda ecclesiale già chiarita a livello locale dal prete e dal vescovo. Mi sembra una interferenza dei giudici che va oltre i loro doveri e lede forse anche il Concordato con la Chiesa Cattolica. Che i giudici siano liberi da pressioni va bene, ma che possano fare tutto, no.

Vittorino Bocchi


Condivido lo spirito della sua garbata protesta, gentile signor Bocchi. Anche se ho ben chiaro che il procuratore di Crotone, pur dimostrando una forte e persino sorprendente “sensibilità” per la liturgia cattolica, non ha inventato nulla: ha avviato verifiche su presunti reati contemplati in un paio di articoli (il 404 e il 405) del Codice penale che sono posti a tutela del «sentimento religioso» dei cittadini e delle cittadine della nostra Repubblica. Gli stessi articoli che, di quando in quando, persone credenti – cattoliche e di altre confessioni – invocano di fronte ad atti e parole ingiuriosi, provocatori o anche solo irrispettosi contro simboli, luoghi e – appunto – sentimenti religiosi e che praticamente quasi mai abbiamo visto applicare anche in caso di eventi davvero odiosi. Io credo (e spero), come Francesco Ognibene che ha scritto un perfetto articolo di cronaca e non un commento sulla questione, che si approderà a una pronta archiviazione dell’indagine sul sacerdote. Che ha dimostrato subito umile consapevolezza del serio errore commesso e, come si capisce benissimo da ciò che ha detto, non in alcun modo inteso insultare – uso le sue stesse parole – «l’immenso Mistero d’amore che la celebrazione eucaristica cela e veicola». Questo è l’animo di un innamorato di Cristo, non certo l’animus di un reo. Tutto questo è stato, del resto, oggetto di un utile chiarimento in sede propria tra il sacerdote e la sua e nostra Chiesa che si è espressa attraverso le due diocesi coinvolte, quella di Crotone e quella di Milano.

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