sabato 20 dicembre 2008
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L'altra sera, al tg. La mano magra di una ragazza di vent'anni, da tre in stato vegetativo, sottoposta a Torino a un nuovo intervento di stimolazione corticale, che al comando di muovere un braccio come compiendo un immane sforzo si alza di poco, e subito ricade inerte sulle lenzuola. Ma l'arco di pochi centimetri percorsi dalla mano pallida, nella immagine un po' sfocata, è un urto al cuore e alla ragione di chi guarda. Non era, Greta Vannucci, andata troppo lontana da noi, persa in un limbo che ancora non è morte, ma sembra altettettanto inviolabile? Eppure finalmente all'ordine forse tante volte vanamente impartito la ragazza risponde. È un istante. La mano che si stacca dal letto sembra dover trovare le forze per reagire a una potenza contraria e immane; come se la schiacciasse una massa di pietra, e quel gesto da nulla fosse in realtà inaudita fatica. E insieme uno struggente sforzo di risposta: vi ho sentito, sono ancora viva. Quando un terremoto rovinoso abbatte una città, e i soccorritori dopo molti giorni vanno ancora cercando coi cani, con le sonde fra le macerie qualche traccia di vita, accade a volte che ai richiami ormai scoraggiati dei vivi da sotto le rovine venga una flebile eco: è un gemito, un rantolo, o solo un franare di terra? Si bloccano le ruspe, abbaiano i cani. Davvero era una voce? Dubbiosi ma spinti da una bruciante speranza si riprende freneticamente a scavare. Ecco, la mano che sussulta, si alza, ricade, somiglia a questa scena su delle rovine. Dove non si è del tutto certi che ciò che si è udito sia risposta di un uomo, oppure un fruscio fra macerie di morte. Ma atroce sarebbe ignorare quel sussulto, che forse è una domanda: sono qui, sono viva. E i combattenti ideologicamente schierati, i militanti della "buona morte" ansiosi di togliere l'acqua e il cibo alle Terry Schiavo e alle Englaro diranno che chissà, mah, forse, oppure sosterranno: quella mano mossa è un caso, e comunque non basta per parlare di alcun risveglio. Certo, è solo un tornare indietro, dal buio, a un minimo stato di coscienza. La mano alzata di Greta è un gesto piccolo, e però straordinario " come il passaggio dallo zero all'uno. C'è un fronte ampio di gente in buona fede, che obbediente alla equivoca pietà che ci viene tenacemente inculcata vorrebbe che Eluana morisse. Ci chiediamo quanti di loro, se hanno visto in tv il sussulto di un'altra malata in stato vegetativo, sono stati attraversati da un momento di dubbio. Forse a qualcuno è accaduto, l'altra sera, di oscillare nella acquisita certezza che una vita assente è da sopprimere. L'evidenza della realtà, più forte di ogni parola, ha riempito lo schermo nella mano della fanciulla inerte che con arduo sforzo obbedisce. A noi è venuto in mente un Caravaggio: quello che coglie l'istante in cui Lazzaro, chiamato da Cristo, si riscuote dalla morte. Si percepisce fisicamente nel quadro la immane fatica di quel tornare indietro - gli occhi di Lazzaro, ormai abituati alle tenebre, feriti dalla luce. La mano di Greta come eco dell'istante in cui Cristo ordina di tornare fra i vivi, e Lazzaro, già irrigidito, faticosamente obbedisce. Nel minimo alzarsi di una mano la evidenza che la vita di ogni uomo è un mistero, più grande di ogni positivistico teorema, e di quello " ben poco " che sappiamo.
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