Linda, la sposa e jihadista bambina vuole tornare a casa
martedì 25 luglio 2017

Adesso vuole solo 'tornare a casa'. In salvo dalla sua famiglia. Al sicuro nella sua stanzetta di sedicenne. Chissà cosa avevano promesso a Linda, un anno fa, per convincerla a lasciare tutto. A prendere un aereo per la Turchia, senza salutare nessuno, poi a raggiungere in maniera avventurosa il fronte della guerra jihadista. Chissà se, poi, c’è stato un momento esatto in cui si è infranta la sua illusione d’amore con lo sconosciuto che l’aveva adescata via internet, poi rivelatosi un guerrigliero ceceno, e che lei aveva sposato senza un vero perché. Adesso conta poco: Linda vuole solo tornare a casa, a Pulsnitz, vicino a Dresda.


Quando, qualche giorno fa, l’hanno trovata sepolta in un tunnel di Mosul insieme ad altre vedove di jihadisti (armate di tutto punto, peraltro), i soldati iracheni che setacciavano la città riconquistata al Califfo hanno intravisto in lei la bambina che è: capelli lisci biondo cenere, sporca e arruffata sotto una veste scura e lacera, spaventata e denutrita, due ferite alle gambe, sguardo perso nel vuoto, già lontano anni luce da quella grotta. La credevano russa, tanto aveva la carnagione pallida e lo sguardo chiaro. Linda Wenzel ora è stata trasferita in un carcere di Baghdad e ha ricevuto la visita del console tedesco che ha confermato la sua identità.

È lei la ragazzina scomparsa il primo luglio 2016; alla madre non aveva nascosto il suo recente interesse per l’islam, aveva anche rispettato il ramadan, ma sosteneva di seguire una dieta. Nessuno però immaginava – attenzione genitori, mai sottovalutare i segnali di allarme... – che potesse andare a ingrossare quella pattuglia di 930 tedeschi che negli ultimi anni hanno raggiunto il Daesh in Iraq o in Siria; il 20% donne, il 5% minorenni, metà delle quali ragazze. Oltre a Linda, nel tunnel di Mosul c’erano 26 stranieri, delle quali 16 donne e 8 bambini. Tra le donne c’erano russe, iraniane, siriane, francesi, belghe e tedesche.

«Voglio tornare a casa. Voglio andare via dalla guerra, dalle armi, dal rumore», ha detto la 16enne domenica a chi l’ha potuta incontrare. Non sarà così semplice: secondo il codice penale iracheno Linda rischia la pena di morte per il solo fatto di aver sposato un jihadista. Ma se non si fosse resa colpevole di altri crimini, questo matrimonio avrebbe già richiesto un prezzo molto alto per lei, peraltro rimasta presto vedova. «Tornare a casa» per la ragazzina bionda sarà svegliarsi da una abissale illusione. 'Casa' sono il padre e la madre, che del suo smarrimento non si erano accorti e anzi, proprio per la fiducia che nutrivano nella sua intelligenza, le avevano regalato un Corano affinché approfondisse i suoi interessi. 'Casa' è il quartiere, la città, la nazione in cui potrà riavere la vita a cui aveva rinunciato per inseguire chi le ha manipolato il cervello. 'Casa' è l’Occidente, il mondo dove potrà costruire un suo futuro di donna libera dopo essere stata schiava di un’ideologia di sottomissione e di morte. Se tutte queste 'case' a cui Linda vuole ora tornare le apriranno le porte, il suo oscuro deragliamento potrà portare frutti positivi. Potrà raccontare ai coetanei e alle coetanee cosa le hanno fatto i soldati del jihad che hanno in odio la libertà, a quali costrizioni si è piegata e a quali è stata costretta, in quale grado la sua volontà è stata violentata, a quali orrori ha assistito. Di quale odio distruttore è diventata complice. Se potrà raccontarlo, e poi dire a testa alta del suo desiderio di tornare a casa, e convincere anche una sola sedicenne a stracciare in mille pezzi un biglietto aereo con destinazione finale il Califfato, la parabola di Linda avrà tutt’altro epilogo.

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