20 giugno: Giornata mondiale del rifugiato
martedì 20 giugno 2017

Sempre più in Europa l’arrivo dei migranti è percepito come una crisi, a tratti come una vera e propria minaccia. L’immigrazione diventa capro espiatorio per il diffuso scontento causato da importanti trasformazioni della società, che poco o nulla hanno a che fare con le migrazioni in senso stretto come l’accentuazione delle diseguaglianze economiche e sociali e l’imposizione di politiche di austerità. Il tutto sta sfociando in una crescente ostilità nei confronti dei migranti e nel consolidarsi di politiche securitarie ed emergenziali. Eppure la storia degli ultimi 25 anni insegna che recinti e muri non fermeranno i migranti, pur rendendo i viaggi più pericolosi e costosi per chi li intraprende e dunque proficui per i trafficanti che, in assenza di vie di accesso legali, continuano a detenerne il monopolio. C’è invece un chiaro e immediato legame, come papa Francesco sottolinea spesso, tra migrazioni forzate e commercio delle armi, che complica e allontana la soluzione dei conflitti.

Nel 2016 in Italia l’esportazione di armi è cresciuta dell’85%. Il 58,8% delle esportazioni ha riguardato Africa Settentrionale e Medio Oriente. E come le inchieste giornalistiche di “Avvenire” hanno segnalato purtroppo, nonostante i divieti di legge, armi prodotte in Italia arrivano pure in Paesi in guerra. All’interno della nostra società, al pari di quanto sta accadendo in gran parte del mondo, cresce il numero degli esclusi e degli invisibili che, anche per effetto di alcuni provvedimenti amministrativi, rischiano di essere privati del diritto di avere diritti. Leggi che si definiscono pragmatiche sollevano chi le applica dalla responsabilità di porsi domande sulle conseguenze che hanno sulla vita e sulla dignità di molte persone. I reati di solidarietà, sempre più frequentemente perseguiti, suggeriscono che ogni azione di umanità, dall’accoglienza al salvataggio in mare, nasconda un secondo fine, magari illecito. Le vere frontiere non sono nelle carte geopolitiche, ma nella nostra sensibilità, nel nostro senso di umanità. I rifugiati, vengono ridotti a “flussi migratori”, statistiche, numeri senza nome e senza volto, con il rischio di allontanarli sempre più dalla sensibilità e dall’incontro con i cittadini europei.

Con convinzione e urgenza vogliamo dire che l’unico futuro possibile è un futuro comune, che accompagnare i rifugiati ed essere con loro è, oggi, il modo più pieno di vivere la nostra cittadinanza. Ed è il modo più giusto per costruire società aperte e solidali in cui pace e diritti non siano privilegi, ma categorie accessibili e inclusive con cui misurare il progresso della nostra comune umanità. Celebrare nel nostro Paese la Giornata mondiale del rifugiato, farlo nei tanti Comuni che organizzano eventi e incontri con i rifugiati stessi, è un’occasione importante per tenere alta l’attenzione sulle storie e le vite dei migranti, sempre più trascurate da politiche e narrazioni emergenziali. In questa giornata celebriamo tutti gli uomini e le donne costretti alla fuga da guerre, persecuzioni e crisi umanitarie, da carestie, cause ambientali e ingiustizie sociali. Celebriamo i rifugiati riconosciuti dalla Convenzione di Ginevra del 1951, ma anche i cosiddetti rifugiati de facto che sono in continuo aumento e che meriterebbero norme e definizioni più rispondenti alla loro condizione. Celebriamo anche chi li aiuta, chi si impegna ogni giorno per metterli in salvo, per accoglierli e per fare spazio a chi arriva da lontano in cerca di pace e solidarietà.

Celebriamo operatori, volontari, cittadini: migliaia di uomini e donne di buona volontà che non ci stanno a vivere in un società chiusa e impaurita, che hanno il coraggio di aprire porte, di stabilire relazioni, di vivere insieme. Perché diversità è ricchezza, perché la pace è un cammino e il pericolo più grande a cui la esponiamo è crederla arrivata, conquistata e soprattutto appannaggio esclusivo di pochi. Soprattutto oggi celebriamo l’umanità che non si arresta.

*Sacerdote, presidente Centro Astalli– Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia

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