La storia riserva sempre sorprese e svolte inattese. Difficile otto anni fa immaginare che Trump avrebbe potuto vincere le elezioni americane. E ancora più difficile, quattro anni fa, pensare che l’ex presidente sarebbe riuscito a tornare alla Casa Bianca. Nonostante la sconfitta elettorale, l’assalto a Capitol Hill e il processo che nell’estate scorsa lo ha riconosciuto colpevole di reati legati all’affare Stormy Daniels.
Ma l’energia di Trump ha saputo rovesciare ogni pronostico. Tuttavia, la personalità del tycoon non è sufficiente a spiegare le recenti vicende americane. I tratti umani di questo leader amato e odiato si sono combinati con quanto si sta muovendo nelle viscere profonde della società americana. Ed è proprio da questo incrocio che sta ora nascendo qualche cosa di nuovo, di cui nessuno sa definire con precisone i contorni. Che probabilmente sfuggono persino agli stessi protagonisti. Dai segnali che si sono succeduti in queste settimane, Trump sembra volersi muovere al lume di due riferimenti principali.
Il primo è la sorprendente alleanza che lo stesso Trump – in passato lontanissimo dalla Silicon Valley – ha negli ultimi mesi stretto con alcuni magnati delle nuove tecnologie. Non solo Elon Musk, ma anche Peter Thiel (con cui Musk aveva cominciato, fondando PayPal), Mark Zuckerberg e tanti altri. Si tratta di personalità molto ricche e influenti, esplicitamente portatrici di una visione che si pone in contrasto con buona parte dell’establishment americano.
Cosa pensano questi tecnocrati è ben riassunto dalle parole dello stesso Thiel: «Libertà e democrazia non sono più compatibili, l’apparato costituzionale americano, indebolito e confuso dal liberalismo illuminista del XXI secolo, è oggi un ostacolo». L’idea di fondo è il ritorno al principio della libertà assoluta vista come l’anima dell’innovazione tecnologica e dell’iniziativa imprenditoriale. E per dire da che parte si vuole andare, si è cominciato con la revoca degli strumenti di moderazione e fact checking (accertamento dei fatti) che in questi anni avevano cercato di contenere gli effetti distorsivi dei social. Con l’idea messianica che la combinazione tra libertà individuale e tecnologia sia la via per il futuro. Al di là di ogni regolamentazione.
Questo inedito intreccio con il liberismo tecnologico fa compiere un salto di qualità a quello che, negli ultimi dieci anni, abbiamo chiamato populismo. Nasce il “tecnopopulismo” che non si limita più a contrastare il politicamente corretto e la cancel culture nel quadro di una difesa dei valori occidentali - come sostenuto dal movimento Maga creato da Steve Bannon. Con la nuova svolta, la risposta ai problemi del nostro tempo viene dal liberare gli “spiriti imprenditoriali”, visti come il luogo di inveramento di questi valori tradizionali. Un salto acrobatico che pone interrogativi molto seri sul futuro della democrazia.
Il secondo riferimento della nuova presidenza riguarda la politica internazionale. Negli ultimi mesi Trump ha più volte ribadito di essere determinato a risolvere il conflitto ucraino, visto come un incidente da superare. La nuova amministrazione è convinta che la vera questione da affrontare sia il confronto con la Cina. E che le questioni russo-europee siano di secondaria importanza. Ecco perché molti si aspettano un compromesso al ribasso sulla questione Ucraina. A conferma di questa interpretazione vi sono le uscite sorprendenti delle ultime settimane su Canada, Groenlandia e Panama. Uscite che rivelano un’intenzionalità panamericana da parte della nuova amministrazione: quasi a delineare l’idea che l’intero continente che sta tra l’Atlantico e il Pacifico sia chiamato a far fronte comune per gestire la sfida cinese. Ormai è chiaro che la globalizzazione degli ultimi 30 anni non c’è più. E Trump sta perciò immaginando come posizionare la potenza America nel quadro dei nuovi equilibri globali.
Si tratta di una visione del tutto nuova, che apre questioni importanti. Prima fra tutte, il ruolo di una Europa sempre più periferica. Quanto accade a Washington, dunque, è foriero di grandi cambiamenti. Gli Stati Uniti hanno ormai preso atto della fine dell’“ordine liberale globale” sorto con la caduta del muro di Berlino. La seconda presidenza Trump si presenta con l’ambizione di cambiare culturalmente e geopoliticamente gli Stati Uniti. I fatti diranno se questo disegno si trasformerà in realtà. E se sarà per il meglio o per il peggio.
Qualunque cosa accada, le vicende americane costringono a una riflessione sulle idee di libertà e di democrazia; sul ruolo della tecnologia in rapporto a fondamentali questioni antropologiche; sugli equilibri geopolitici e sulla possibilità della pace. Tutti temi di primaria importanza. Se l’Europa – culturalmente, politicamente, economicamente – esiste, batta un colpo.