L’altra Italia che a malapena fa la spesa
giovedì 2 febbraio 2023

C’è un’altra Italia che cammina sulle nostre stesse strade, e ci riguarda. Perché siamo noi, tanti di noi. Non è l’Italia che guarda le polemiche e le passerelle politiche, né cerca il meglio di tutto (auto, vestiti, cibo) o va alle prime della Scala. Non vive i week-end riempiendo osterie, pizzerie, ristoranti ed enoteche (fenomeno tutto da decifrare perché affolla i locali una-due volte la settimana soltanto). No, l’altra Italia la si vede, sempre più spesso, controllare con certosina pazienza gli scontrini di negozi e supermercati dopo la spesa gonfiata dall’inflazione. È quella dei prof (o delle bidelle) che vengono dalla provincia o dal Sud e non ce la fanno a vivere nelle metropoli del Nord.

È l’Italia che ai mercati rionali controlla il peso di verdura e altro, per fermare l’acquisto sotto una certa cifra perché andare oltre è proibitivo. O, semplicemente, la si vede nei portapranzo sempre più numerosi: soprattutto accanto alle borse di giovani e signore che così al lavoro, nello stacco, evitano di spendere di più per mangiare portandosi qualcosa da casa. Ma la si vede anche nelle cabine sempre più “belle” di camion e furgoni che la pausa pranzo la fanno in qualche area-sosta lungo le statali per ridurre le spese.

È un’Italia di persone con un lavoro e una normale vita sociale, che ci testimoniano quanto sia stato eroso il ceto medio. Ed è una vita low cost, che nel pasticcio sociologico della “società liquida”, compresa e descritta da Zygmunt Bauman, cercano un percorso di sopravvivenza. È gente che, per fortuna, pur assediata dalla propaganda e dalla pratica del secolarismo e del relativismo più assoluti, spesso prega. Prega Dio.

Ma certo la tempesta perfetta – cioè guerra fin nella casa europea, energia alle stelle, inflazione a due cifre, materie prime care e carenti – sta creando problemi a tutti. Di più alla (vecchia) classe media, quella, per intenderci che ha costruito negli anni 60-80 il miracolo italiano. Gli stipendi sono inchiodati da dieci anni (solo quelli della gente comune, quelli dei manager no), l’ascensore sociale s’è inceppato da anni, l’incertezza del futuro e il Covid hanno fatto il resto. E’ vero siamo il paese nel quale le famiglie con casa di proprietà sono tantissime, ma anche quelle dove la precarietà regna sovrana e nella quale l’incertezza e le difficoltà economiche possono più facilmente stroncare una vita: basta andare, all’ora di pranzo, nelle mense e alla cittadelle della carità… Per fortuna c’è tanta gente con un cuore grande che non ha paura di aiutare gli altri. Questa però è un’altra pagina.

Quella che si legge in questi mesi è diversa: l’altra Italia appunto, quella che non ha risparmi in banca, né in Btp, né in azioni e obbligazioni. Non va in pizzeria né in palestra né dall’estetista. Invece, ogni giorno annota entrate e uscite per far quadrare il bilancio e non dover chiedere aiuto ai genitori (magari ormai in pensione) per pagare bollette e mutui. Questa è l’Italia che ha più bisogno di speranza. Perché vedere contrattare un pezzo di pane non fa solo male al cuore, ferisce l’anima e incide nella carne tanti, troppi punti interrogativi che ancora non trovano risposta.

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