L'abito dei preti e dei consacrati importa, ma di più la buona semina
sabato 1 agosto 2020

Gentile direttore,

sono un laico impegnato nella vita ecclesiale e con molto piacere ho accolto il documento della Congregazione per il Clero su “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”. Spero trovi piena attuazione. Mi aspettavo, però, che si parlasse anche di come i presbiteri devono farsi identificare, oltre che dalla testimonianza, anche da come appaiono in pubblico, in quanto a volte vestono abiti civili e di cattivo gusto. Si presentano in trasmissioni e nell’amministrare il sacramento della riconciliazione senza alcun segno che li qualifichi come presbiteri. Un tempo il presbitero portava la tonsura, l’abito talare, il clergyman. Ora in una società secolarizzata si è passati alla moda del vestire come i laici. In tutto ciò un dato positivo lo offrono le serie televisive “Don Matteo” e “Che Dio ci aiuti” che testimoniano il valore del presbitero e delle suore per una presenza evangelizzatrice presentandoli con abiti clericali. È solo il rispetto che porto ai sacerdoti che mi ha spinto a scrivere.

Vittorio Salerno

Le confesso, gentile signor Salerno, che il tema che lei solleva non mi appassiona molto. Piace anche me e reputo importante riconoscere facilmente un prete o un religioso o una religiosa, ma soprattutto credo che sia ancora più importante che chi consacra la vita a Dio e ai fratelli si faccia riconoscere, con la parola e con l’esempio, per il segno buono che sa lasciare sulle nostre vite e per come ci aiuta a camminare sulla via aperta da Cristo. Finché, e nella misura in cui, l’abbigliamento è al servizio di questa missione evangelizzatrice (che è quella a cui chiama l’Istruzione a cui lei fa riferimento), seguo il suo ragionamento. Poi, mi fermo. Anche perché ho in mente sacerdoti con una piccola croce sul bavero della giacca o al collo, sopra la camicia, e un cuore grande come la loro fede. E conosco preti tutto il giorno in talare e altrettanto straordinari nel curare la buona semina. Questa sostanza vale. I nostri vecchi, del resto, avevano ben chiaro che non è l’abito a fare il monaco...

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