martedì 29 novembre 2011
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È un’altra crisi. Non quella di cui parlano i media ossessivamente in questi mesi. Non è una crisi che si cura con azioni del mercato, con soccorsi di banche centrale o di governi d’emergenza. E’ un’altra crisi. Più devastante. Oggi si sente spesso dire che saranno i giovani a pagare le conseguenze della crisi economica. Non è detto che sia vero. Certo è che i più giovani stanno pagando e pesantemente un’altra crisi. I tentativi di suicidio nelle regioni più ricche di Italia da parte di adolescenti stanno aumentando. Non esistono ancora dati definitivi per quest’anno, ma rispetto allo scorso anno, se pure il fenomeno è ovviamente sfuggente e difficile da circoscrivere e fotografare,  gli operatori impegnati in questo campo in strutture psicosanitarie lanciano l’allarme.I casi aumentano e si abbassa l’età in cui vengono mediamente compiuti questi gesti estremi. Lo ha fatto di recente il gruppo di lavoro operante all’Ospedale Maggiore di Bologna, nel servizio di Neuropsichiatria infantile. Sempre a Bologna, il gruppo di ricerca scientifica Paideia, legato all’Ateneo, ha presentato tra l’altro dati allarmanti sull’uso di alcool e di droghe tra gli adolescenti. L’Italia, pur essendo sotto di qualche punto rispetto alle medie europee (tranne che nell’uso di cannabis), è abitata da troppi adolescenti che fanno uso di droghe e di alcool. Insomma il disagio dilaga. E non dove manca il denaro. Il caso estremo dei tentativi di suicidio registra picchi maggiori nelle regioni con minori problemi economici. È un dato noto, ma ora che parliamo spesso di crisi non dobbiamo dimenticare quanto la parola può essere usata superficialmente e dunque non affrontata veramente. La crisi di una civiltà non è mai solo economica. I fattori che spingono questi ragazzi a tentare di farsi fuori affondano le radici in ombre abitate dal narcisismo frustrato, dalle ansie di prestazioni, dalle solitudini che non appaiono. Molti dei sintomi di disagio non sono colti in tempo – e dunque portano a esprimersi con violente richieste di attenzione – proprio laddove un indaffaramento totale della famiglia o un suo dissolvimento impediscono agli adulti di fare attenzione ai segnali di "crisi" lanciati dai loro ragazzi.In questi giorni gli esperti stanno attentissimi – giustamente – agli indicatori di movimento economico della crisi. Ma credo che venga a tutti un richiamo a stare più attenti agli indicatori di un’altra crisi. Una crisi che brucia i capitali di energie e di forza di tanti ragazzi. Una crisi che non asciuga i conti in banca ma, quel che è peggio, asciuga le lacrime. Il fatto che l’età di tali gesti di "richiamo" d’attenzione, di tali gesti estremi, si stia abbassando è un ulteriore segno di un default educativo nel nostro Paese più grave di ogni default economico. La crisi economica sarà certo un passaggio duro per il nostro Paese. Ma sarebbe imperdonabile se in questo passaggio dimenticassimo di pulire – per così dire – le lenti con cui abbiamo guardato la vita intorno a noi, specie la vita allo stato di primo sviluppo e di fragile sbocciatura. I nostri ragazzini sono la vera bomba su cui siamo seduti, molto più del debito pubblico. Ogni loro tentato suicidio, ogni loro suicidio riuscito getta un’ombra su cosa siamo diventati. Che il fenomeno esista non è purtroppo una novità nella storia dell’umanità. Fragile è l’uomo e duri certi suoi passaggi. Ma che il fenomeno aumenti, in un’epoca in cui sembriamo esser dotati di antenne, di scandagli, di attenzioni fino alla nausaeante tutela dei nostri ragazzi, ecco questo è uno scandalo che portiamo scritto in qualcosa di più profondo e importante che i nostri bilanci.
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