venerdì 20 marzo 2009
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Un milione di preservativi gratis. Come co­riandoli sulla festa di ipocrisia di Zapatero e soci sulla faccenda che il Papa ha sollevato. Che diamine, grazie al Papa si può tornare a parlare (se­riamente) di sesso e invece no, questi vogliono subito chiudere il discorso, accusandolo di ogni nefandezza. E paracadutando sull’Africa un mi­lione di preservativi. Come in tempo di guerra si buttavano i volantini alla popolazione. E come se il nemico loro fosse il Papa più che l’Aids. Invece di guardare i dati – come fanno ad esempio il me­dico da tanti anni in Africa, Filippo Ciantia, in­tervistato ieri su queste colonne, circa l’esperien­za ugandese di educazione e sviluppo che ha fat­to diminuire l’Aids, e Paola Germano, oggi, sulla sintonia di Benedetto XVI con la comunità scien­tifica più avvertita nel chiedere cure gratuite per tutti – festeggiano la normale irresponsabilità dei loro governi verso l’Africa con eccezionali botti contro il Papa e lanci di coriandoli che servono so­lo a lasciare le cose come stanno. Troppo comodo distribuire preservativi gratis in­vece di mettere in crisi le multinazionali del far­maco chiedendo gratis i medicinali o fare cam­pagne più mirate su educazione e prevenzione. Comodo agitare lo slogan della libertà (vero e pro­prio spettro affamato come un ragazzino Soma­lo ormai) per lavarsi la coscienza. Comodo parla­re da palazzi presidenziali e da colonne di gior­nali di 'realismo' del preservativo contro chi, co­me i cattolici, sono da decenni tra i pochi 'real­mente' vicini alle popolazioni africane. La ideo­logia che azzanna ancora una volta rabbiosa­mente il tentativo di ragionare del Papa, sembra improntata a una strana idea di libertà. Gli afri­cani siano liberi di accoppiarsi a casaccio, a ri­schio, e si spaccino preservativi in luoghi dove non ci sono medicine e non c’è nemmeno l’ac­qua corrente, senza introdurre logiche di rispet­to per la donna, di stabilità nelle relazioni e di svi­luppo sociale. Lasciamoli liberi (cioè derelitti ma preservativizzati). Se la prendono con il Papa come se la Chiesa fos­se un poliziotto che gira tra villaggi sperduti a im­pedire al povero africano che probabilmente manco sa chi è il Papa di usare il preservativo (og­getto pure questo un po’ esotico per costui). Fan­no finta, questi allegri lanciatori di coriandoli sul­la propria irresponsabilità. Fingono di non sape­re che il problema è trattare seriamente il sesso e la libertà. Fanno finta di non sapere che il pro­blema sta in politiche di sostegno che si limitano a distribuire preservativi dove andrebbe invece distribuita istruzione e insegnato il rispetto. Fan­no finta e lanciano coriandoli e offese contro chi indica di fronte ai problemi non le scorciatoie ma un metodo che ha bisogno di tempi più lunghi e di scelte più forti. Sembra che abbiano fastidio se la Chiesa dà il suo contributo a un problema generale. Addirittura, un noto intellettuale italiano, condannato dai tri­bunali come mandante di un assassino politico, sulle prime pagine del quotidiano che lo ospita co­me penna di punta dà con nonchalance del 'leg­germente folle' al Papa. Il quale non è un provo­catore; ma ormai dinanzi a una platea formata in parte da governanti illuministici e intellettuali di questo genere, ebbri di ideologia e di livore verso tutto ciò che mette in questione la loro presunta buona coscienza, anche dire che l’acqua bagna – se lo dice la Chiesa – suona come provocazione. Beh, allora ben vengano queste provocazioni a pensare. E anche se il tema è solo un particolare nel grande viaggio di annuncio di speranza cri­stiana che Benedetto sta compiendo nel posto più difficile del mondo, sia utile a guardare la realtà con l’uso della regione. Si guardi all’Africa con l’occhio meno velato da ideologie e con meno spocchia, si guardino i dati. Chi lo deve, faccia se­riamente il governante e non il demagogo. E già che ci siamo, si parli finalmente, seriamente, non banalmente di sesso. E lo si faccia grazie, strano a dirsi?, al Papa.
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