giovedì 9 novembre 2023
La giovane, stuprata a Palermo da una banda di coetanei, è stata invitata sulla rete pubblica. Perché non è stata una buona idea
Il cantiere di Palermo dove Asia è stata violentata dal branco lo scorso luglio

Il cantiere di Palermo dove Asia è stata violentata dal branco lo scorso luglio - Ansa

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Una lettera aperta è stata inviata alla presidente Rai Marinella Soldi e ai vertici di Viale Mazzini, dell'Ordine dei giornalisti e dell'Agcom, dopo la puntata di Avanti popolo di martedì 31 ottobre 2023 nel corso della quale, in prima serata su Rai3, la conduttrice Nunzia De Girolamo ha intervistato la ragazza sopravvissuta allo stupro di gruppo di Palermo. La lettera è stata sottoscritta da circa 300 persone tra intellettuali, giornaliste e giornalisti, scrittrici e scrittori, operatrici e operatori dell'informazione e dello spettacolo, rappresentanti di associazioni, attiviste e attivisti, cittadine e cittadini. La ragazza, maggiorenne, ha accettato l'invito e questa è autodeterminazione, ma la lettera evidenzia «l'avvenuta violazione dei basilari principi della deontologia professionale nell'esporre, per giunta a così poco tempo dai fatti, una sopravvissuta alla spettacolarizzazione del proprio stupro e alla vittimizzazione secondaria cui si è assistito nel corso del programma». Per le firmatarie e i firmatari della lettera, pubblicata sul sito della Fnsi, "la modalità di intervista incalzante nei confronti della sopravvissuta e la conduzione adottate da De Girolamo rappresentino un esempio inaccettabile di pornografia del dolore". Qui il testo della lettera.​​

«E a un certo punto cosa accade? Loro ti portano in quel cantiere... So che è difficile tornare lì, eh. So che è difficile tornare con la memoria a quella notte, ma tu ricordi qualcosa di quei momenti? Ti hanno preso per la testa? Erano violenti anche? Ti prendevano a calci?». Il silenzio avvolge lo studio di Avanti Popolo, è la sera del 31 ottobre, sul terzo canale della nostra rete pubblica Nunzia De Girolamo sceglie di invitare e intervistare Asia, che è la ragazza di 19 anni vittima dello stupro di Palermo. Quella attorno a cui tutt’Italia s’è stretta, per l’orrore che ha subito. Non solo per mano del branco, ma anche per bocca (e per post) di tutti quelli che hanno detto che insomma, su, doveva anche essersela cercata, che se non vai in giro da sola di notte, se non ti ubriachi, «il lupo lo eviti». Quella per cui s’è chiesto silenzio e rispetto, con la speranza che potesse ricostruirsi una vita altrove, aiutata e sostenuta come ogni donna vittima di violenza dovrebbe essere.

La giornalista, dopo una breve parentesi sulla vita drammatica di Asia (abbandonata prima dal padre, poi dalla madre, poi dal fidanzato con cui conviveva e finita in comunità) insiste, vuole i particolari dello stupro. È l’evento che – doverlo specificare è superfluo – la vita di Asia ha sconvolto e segnato per sempre. Non a caso lei sussurra che è difficilissimo, «io ho anche degli attacchi di panico…». Il pubblico applaude, mentre il tecnico le cambia microfono. Poi le risposte punto a punto, scendendo in particolari talmente crudi da risultare insopportabili. Non basta ancora, perché dopo la cronaca della violenza inaudita, lo spettacolo prevede che alla ragazza tocchi leggere e commentare le frasi che i suoi aguzzini hanno detto dopo la violenza («Abbiamo fatto un macello», «Eravamo 100 cani su una gatta, ma la carne è carne»), addirittura le interviste fatte alle persone per le vie di Palermo che li difendono, gli stupratori, e accusano lei. Il tutto si conclude con un abbraccio («Mi hai fatto commuovere, lo sapevo che ci saresti riuscita» precisa la De Girolamo) e un appello alle chiamate in redazione per trovare un lavoro ad Asia, che sogna di vivere a Milano.

Le critiche per la decisione di invitare la ragazza in trasmissione sono state tante, quasi tutte formulate in chiave antigovernativa: il programma, come altri della cosiddetta “Rai meloniana”, è alla ricerca disperata di audience viste le scarse performance delle ultime settimane. E una cosa è certa: l’audience non dovrebbe mai giustificare – almeno sui canali della televisione pubblica – la spettacolarizzazione dell’orrore e della violenza. Le donne, per altro, non sono carne da macello per gli uomini (proprio dalla vicenda di Palermo nacque lo slogan che spopola ancora in rete), ma non lo sono nemmeno per l’Auditel, e sarebbe bello che questo lo ricordassero per prime le colleghe donne che le ospitano nei loro programmi. Senza con questo voler togliere a chi fa giornalismo il diritto di cronaca e al pubblico quello di essere informato sui fatti, anche quelli più crudi.

Ma c’è dell’altro: l’intervista di Asia è stata spacciata nelle anticipazioni come un’esclusiva che tale non era perché la giovane in realtà, già da pochi giorni dopo lo stupro dello scorso luglio, non ha avuto problemi a dichiarare la propria identità sui social network, in particolare su TikTok e Instagram, dove è sempre stata e continua ad essere iperattiva pubblicando foto spesso provocatorie, video e parlando anche della violenza che ha subito. Agli occhi dei ragazzi è un’ipocrita e un’esibizionista: la accusano di utilizzare quello che le è successo come mezzo per ottenere fama e voler diventare una influencer. Intanto però cliccano i suoi video e guardano le sue immagini. A migliaia. Agli occhi degli adulti Asia invece dovrebbe essere solo una ragazza fragilissima: sfortunata, segnata dalla vita e distrutta dallo stupro, alla disperata ricerca in rete di essere guardata e non solo vista, di sentirsi veramente importante per qualcuno. E dagli adulti dunque avrebbe bisogno d’aiuto, d’esser presa per mano e accompagnata. Non esibita né incoraggiata ad esibirsi. Resta invece la sensazione che sia semplicemente sola, coi suoi followers e – ora – i suoi 28 minuti di visibilità e falsi applausi in tv.

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