«Io prete secondo il cuore di Cristo»
sabato 10 dicembre 2016

Se il Papa parla ai preti, i preti hanno il dovere di rispondere al Papa. Per dirgli innanzitutto “grazie”. Grazie perché pensi a noi, ti preoccupi di noi, preghi per noi. Perché ti sta a cuore la nostra felicità, la nostra santità. Grazie perché con te non ci sentiamo soli, sperduti in un mondo che sovente facciamo fatica a comprendere. Se il Papa ai preti si rivolge spesso vuol dire che noi preti gli stiamo a cuore.

È severo Francesco? No, semmai esigente. Esigenza che è coerenza che affonda le radici nel vangelo.

Che cosa dovrebbe spingere un giovane oggi a incamminarsi per la strada del sacerdozio? La persona e il messaggio di amore di Gesù. L’amore può ogni cosa, supera ogni ostacolo, mette le ali ai piedi. L’ amore dà senso e significato anche ai gesti più semplici e scontati. Un prete è innanzitutto un uomo innamorato.

Perennemente innamorato. Non di un ideale ma di una persona viva, vera. Perciò non invecchia mai. Il suo “si”, ha detto il Papa nella solennità dell’Immacolata, non deve essere però un “mezzo si” ma pieno, completo, gioioso come quello della Madonna.

«La fede - ha scritto recentemente il Papa - dà un senso alla mia vita presente e speranza a quella futura». Francesco ci mette in guardia contro la rigidità e la mondanità. Abbassiamo umilmente il capo e confessiamo che rigidi qualche volta lo siamo stati. Magari pensando di difendere la Chiesa, le regole, la dottrina. Forse per paura di svendere il patrimonio della fede. Francesco ci chiede di essere fermi ma gioiosi, accoglienti, sorridenti. Di fare coraggio. Di metterci nei panni di chi viene in chiesa o di chi incrociamo per la strada.

Se per la rigidità possiamo trovare qualche attenuante e chiedere scusa, nessuna giustificazione possiamo addurre per la mondanità. Del tutto inutile, dannosa. I carismi li riceviamo per metterli al servizio degli altri. I carismi sono perle della Chiesa, appartengono a tutti, anche se chi li ha ricevuti ha l’obbligo di custodirli. Non si vanti il vino buono, senza la botte che lo contiene andrebbe perduto. Non si vanti nemmeno la botte di legno pregiato, senza l’umile tappo sarebbe del tutto inutile. È il Signore che decide se devi essere vino, botte o tappo. Importante è che tutto venga fatto per la gloria di Dio e la salvezza dei fratelli. La ricerca della mondanità ci fa ridicoli. Non credo che ci sia al mondo una sola persona che provi stima o ammirazione per un prete mondano. La mondanità contraddice la nostra vocazione e il messaggio che portiamo. A che serve? Il prete ha detto Francesco è « Mediatore tra Dio e gli uomini». Non intermediario. Deve avere, cioè, una mano nella mano del Signore e l’altra in quella del fratello. Sospeso a mezz'aria. Uno sguardo nell'eterno e un altro nella storia. Il prete è una voce che grida nel deserto e un sussurro che invoca nel segreto.

Un uomo strano, il prete. È vero. Tanto strano che il mondo non ne può fare a meno. Un uomo a volte scomodo, cercato e amato, ma anche bistrattato, perseguitato, messo ai margini. La gioia che gli dà forza non viene dai successi umani ma dalla comunione profonda col suo Dio. « Quella è la logica: svuotarsi, annientarsi» dice il Papa richiamando san Paolo. Svuotarsi non per rimanere vuoti. Il vuoto fa paura, destabilizza, angoscia. Svuotarsi per fare spazio a Dio. Perché sia lui a riempirci il cuore. Perciò la Chiesa prega: « Vieni Signore Gesù». Vieni, la casa è pronta, la porta aperta, la tavola imbandita. Vieni, e io mi getterò ai tuoi piedi. E li profumerò di olio profumato. Tocca, poi, un tasto doloroso il Papa quando accenna ai preti “insoddisfatti” che “fanno tanto male”. Preti che si “ lamentano e vivono tristi”. Deve essere terribile per chi si è accampato alle sorgenti della gioia non essere felici.

Ma perché accade? Perché, dice Francesco «Il loro cuore è lontano dalla logica di Gesù …». La logica di Gesù: « Aggrappati a me; metti il tuo cuore nel mio cuore; dona, perdona e poi dimentica; aguzza lo sguardo e mi incontrerai nei poveri; fermati e prega; ascolta la mia voce nel vangelo, nella natura, negli uomini. Scendi nel profondo del tuo essere, della tua vocazione. Ricorda che è più bello dare che accumulare. Fidati.». La logica di Gesù: l’unica logica che vale la pena di seguire. Cari confratelli, papa Francesco ci chiama a essere preti secondo il cuore di Cristo. Accogliamo la sfida e mettiamo in pratica le sue esortazioni. Vogliamo puntare alla santità. Non è un peccato di orgoglio desiderare di essere santi, ma la cosa più normale di questo mondo. Come uno studente in medicina desidera diventare medico, un cristiano – e a maggior ragione un prete – tende alla santità. Mettiamoci in cammino. Natale è vicino. Gettiamo nel mare della misericordia di Dio i nostri peccati, i nostri errori, i nostri limiti e corriamo verso la meta. Riconoscenti di avere nella Chiesa e in papa Francesco una mamma e un papà che hanno a cuore la nostra gioia, la nostra salvezza.

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