sabato 23 maggio 2009
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Dove sono gli altri? Gli altri, i vicini, i più vicini: il prossimo. Coloro per i quali il nostro cuore palpita, per amo­re o (è brutto, ma accade) per odio, gli altri da aiutare, gli altri che ci aiutano. Gli altri con il loro universo da scopri­re, dolori e sogni, delusioni e speranze. Gli altri che hanno visto cose che noi mai abbiamo visto e ce le raccontano fa­cendocele vedere e sentire e toccare e annusare. Gli altri di cui ci innamoria­mo e (è brutto, ma accade pure questo) disamoriamo. Dove sono gli altri, con cui giocare all’ineffabile gioco della re­lazione? Grazie alle nuove tecnologie, grazie so­prattutto al web, gli altri sono vicinissi­mi, mai così a portata di mano. Non ca­so Benedetto XVI, per la Giornata mon­diale delle comunicazioni sociali di do­mani, ha scelto il tema «Nuove tecnolo­gie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amici­zia ». Un’opportunità per tutti coloro che hanno a cuore gli altri, le relazioni, il vi­vere civile, la felicità. Guai se la Giorna­ta scivolasse nel tunnel che a volte in­ghiotte altre Giornate, che nessuna trac­cia sembrano lasciare nelle comunità cristiane, nelle nostre parrocchie. La po­sta in gioco è troppo alta. La posta in gioco so­no gli altri. La posta in gioco è il ristabili­mento delle giuste gerarchie. Lo psica­nalista Luigi Zaja, nel suo ultimo libro La morte del prossimo, osserva come nel corso del Novecento gli altri, a poco a po­co, si siano trasfor­mati da ' sentimen­to' in notizie; e infi­ne, aggiungiamo noi, in merce. Nella profezia compiuta del villaggio globale, resa possibile dalla tecnologia, gli altri ci sembra siano più prossimi che mai. Li vediamo nei video, gli altri. Li sentiamo, ci parliamo, stringiamo 'amicizia', e su Facebook sbocciano i collezionisti di a­mici, politici, artisti e semplici mortali: mille, duemila, diecimila... amici? No, collegamenti. Tutti stretti gli uni agli al­tri, sommersi di informazioni sugli altri; eppure il nostro cuore è sempre meno sensibile e meno capace di patire e gioi­re accanto agli altri. Sembra che si stia materializzando, ma alla rovescia, l’au­spicio delle prime righe della Gaudium et spes: oggi come mai siamo in grado di conoscere gioie e speranze e dolori e so­gni degli altri, ma mai come oggi ci la­sciano indifferenti. Notizie, merci. Ristabilire le gerarchie: la tecnologia, se idolatrata, tende a servirsi delle persone, non a mettersi al loro servizio. Siamo noi a seguire docili e anestetizzati i grandi ri­ti collettivi proposti (imposti?) dalle tec­nologie della comunicazione. Il Papa ri­balta invece la prospettiva: le tecnolo­gie sono mezzi e le persone fini, non vi­ceversa. Le nuove tecnologie sono a ser­vizio di relazioni più ricche e profonde, del dialogo e dell’amicizia. Della comu­nità. Le nuove tecnologie devono far fronte all’individualismo arrembante, non stendergli il tappeto rosso. Eppure, la sensazione è che gli stessi social network, per alcuni 'amici', siano non un luogo di confronto e di dialogo, ma un palcoscenico dove esibirsi, un irresi­stibile richiamo per i nostri ego ipertro­fici: gli altri come spettatori, gli altri co­me merce a nostra disposizione. Se crediamo di aver soprattutto bisogno di sempre nuove tecnologie capaci di violare lo spazio-tempo accorciando le distanze fino a ridurle a zero, ci sbaglia­mo. Ciò di cui la nostra anima e il nostro corpo e la nostra vita hanno bisogno so­no le relazioni. Sono gli altri in carne e ossa, pensieri e sentimenti, palpiti e tre­mori. Gli altri vivi, non certi loro simu­lacri che si moltiplicano sul web, illu­dendoci di appartenere a una commu­nity globale. Gli altri, dove sono gli altri?
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