In coda per Alex: la fila dell'altra Italia
martedì 30 ottobre 2018

Mettersi in fila a Napoli, e poi rispettarla, è un 'miracolo' al quadrato, di quelli che neppure san Gennaro, forse, contempla. Non è roba da napoletani aspettare il proprio turno, perché si pensa non possa venire mai; e allora meglio giocare d’anticipo, lavorare di gomiti, sorvolare e far finta di non sentire i commenti che il fantasioso vocabolario locale pone largamente a disposizione delle parti in causa.

È vita quotidiana: negli uffici, come alla fermata dei bus, nei negozi come davanti agli affollatissimi botteghini del 'San Paolo', lo stadio del Napoli di Ancelotti che è tornato a inseguire lo scudetto dopo gli anni di Maradona. Ma davanti a una fila come quella che trapassava da una parte all’altra piazza del Plebiscito, il salotto della città, non c’era più solo da sgranare gli occhi. Si trattava, tra quei giovani accorsi al richiamo di un appello, di tutt’altra questione e tutt’altra Napoli: non quella fracassona e invadente, patria sempre attiva di piccole e grandi furbizie, luogo di scorribande di una violenza organizzata tra le più feroci e sanguinarie. Quel lungo serpentone di persone, soprattutto giovani, era lì per donare, per dare una parte di sé al piccolo Alex, un anno compiuto da poco, ricoverato a Londra e bisognoso di un trapianto di midollo per poter vincere la sua lotta per la vita, insidiata da una rarissima malattia genetica. La fila non si è formata soltanto a Napoli; di fatto ha attraversato il Paese, a cominciare da Milano, dove ha preso avvio, per espandersi a macchia d’olio e di coinvolgente solidarietà.

La pietà è arrivata così non solo a manifestarsi ma a 'dare spettacolo', lasciandosi vedere in volto; il volto di giovani scesi in piazza a sfidare l’impossibile, ovvero la quasi irraggiungibile soglia di una compatibilità dell’uno su un milione. Arrivata, dopo un lungo giro, all’epicentro di piazza del Plebiscito, quella fila tutt’a un tratto ha rovesciato il campo, mettendo in riga e tenendola a distanza, proprio la Napoli corrente, quella che fa parlare di sé soprattutto in cronaca nera. Come un nastro di umanità posto ad avvolgere da un capo all’altro la piazza, quell’interminabile teoria di aspiranti donatori, ha manifestato che, come un altro Paese, anche un’altra Napoli esiste ed è anzi quella vera.

La Napoli pronta a mettersi in fila quando, con la sua voce inconfondibile, a chiamare è la speranza. Non può trattarsi d’altro se, dalle sette del mattino fino a sera, in tremila fanno i turni, per un casting che mette in palio la vita di un bambino. La mobilitazione è scattata coi mezzi d’oggi, un post lanciato dai genitori di Alex sui social; stavolta però non bastava un 'like'. Occorreva scendere realmente in campo, anzi in piazza; cosi davanti ai social si è spianata la strada giusta, e con essa il riscatto da una lunga sequela di usi impropri, quelli che hanno portato a riempire ugualmente le piazze.

Ma di odio, di risentimento, non di rado di violenza. Anche nella fila di piazza Plebiscito, s’è scoperto, c’è stato chi ha tentato di fare il 'furbo', spingendosi avanti, sicuro di avere i requisiti giusti per essere il donatore di Alex. E intorno alla stessa fila si aggirava anche il rammarico di chi, per limiti di età, (fissato non oltre i 35 anni) ne restava escluso in partenza. Farsi avanti per dare e non per avere: quasi un mondo al contrario, o un errore di segno blu nella grammatica della vita corrente. Di errori così, la storia di Napoli è piena più di quanto possa sembrare. Ma quella fila, intanto, è il segno di una città che rialza la testa e, una volta tanto, non parla e non spera soltanto per sé.

Lunga e interminabile essa è apparsa come un grande punto esclamativo che, da piazza Plebiscito, si spingeva oltre, reclamando un’attenzione ampia, a cielo aperto, come un grido capace di diffondersi per le mille piazze di un Paese che proprio in esse conserva e ritrova la propria storia. Le piazza parlano. E il il messaggio giusto stavolta, seppure scritto a più mani, rimane scritto sulla lavagna di Napoli. Un motivo in più per segnalare che la speranza sa scegliere i luoghi dove manifestarsi e rendersi viva con più forza per sbarrare la strada al cinismo e alla rassegnazione. La corsa alla mobilitazione per il piccolo Alex prosegue e ha riempito ieri le piazze di altre città d’Italia. Ma il fatto che sia partita da Milano è un altro segno certo che di speranza si tratta, e non di un 'arcobaleno' spuntato a caso, tra tante tempeste, destinato perciò a dissolversi presto.

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