venerdì 5 novembre 2010
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In un discorso accorto, ma non privo del consueto autocompiacimento per i risultati dell’azione di governo, Silvio Berlusconi ha riconosciuto che la maggioranza votata dagli elettori esiste ormai soltanto se i seguaci di Gianfranco Fini decideranno di tenerla in piedi. Questo esplicito riconoscimento da parte del presidente del Consiglio del ruolo autonomo e determinante sulla sorte del governo e della legislatura di Futuro e libertà è stata la vera novità politica della giornata di ieri. Si tratterà di vedere se tale passo sarà sufficiente, o almeno utile, per ricostruire condizioni minime di governabilità. L’insistenza con cui Berlusconi ha tacciato di tradimento della democrazia l’ipotesi della costituzione di un governo con una base parlamentare diversa e in gran parte opposta a quella che aveva ricevuto il mandato elettorale sembra, infatti, un estremo tentativo di scongiurare una prospettiva che appare obiettivamente pericolosa, e non solo per il centrodestra. Ma è soprattutto il centrodestra – in ogni sua parte, anche in quelle che si dovessero illudere di poter trarre un qualche vantaggio da un ritorno anticipato alle urne – che pagherebbe il prezzo di una mancata messa a frutto del cospicuo patrimonio di consenso (e di seggi) ottenuto dall’elettorato poco più di due anni fa.Il punto chiave del ragionamento di Berlusconi sta nella sottolineatura dell’esigenza di stabilità in una situazione economica internazionale e interna ancora esposta a gravi rischi. Si tratta di un argomento fondato, ma che richiede una dimostrazione di capacità di iniziativa di cui è lecito dubitare. Non si tratta solo di annunciare progetti, anche interessanti, in molti campi. E neppure di stilare un testo di previsioni decennali. Si tratta di costruire, con umiltà e chiarezza, il quadro di consenso necessario per realizzarli.L’interesse del Paese alla governabilità è condiviso anche al di fuori dell’attuale area dell’alleanza tra Pdl e Lega, trova risonanza nelle rappresentanze sociali più responsabili, ma per diventare una prospettiva politica realizzabile richiede di diventare qualcosa di più di un’indicazione generica. Allocare le poche risorse diponibili a sostegno della crescita e del reddito delle famiglie è un’intenzione ribadita molte volte, ma che ora diventa urgente se non si vuole che questa spinta si traduca in una generica incursione parlamentare del "partito della spesa", che rischia di dimostrarsi maggioritario. Il compito di un governo in una situazione come quella attuale è, infatti, quello di garantire l’equilibrio dei conti pubblici e di saper selezionare i settori sui quali investire. Se in una di queste funzioni non riesce a ottenere un consenso parlamentare stabile, finisce col non realizzare nessuno dei due obiettivi.I nuovi programma e patto di legislatura che sono stati proposti esplicitamente a Fini – e, appena sottotraccia anche all’Udc di Pier Ferdinando Casini, che però ha oggi una specifica collocazione all’opposizione – sono lo strumento ai quali Berlusconi affida la possibilità di realizzare questo obiettivo. Forse è troppo tardi, i solchi che si sono scavati non saranno colmati né facilmente né rapidamente, ma resta il fatto che un periodo di instabilità e di tensioni ancora più dirompenti non è oggettivamente augurabile. L’attuale presidente della Camera avrà modo di rispondere, ponendo le sue condizioni e dimostrando le sue intenzioni, nell’assemblea che ha convocato a Perugia per sabato e domenica prossimi, ma una sede propagandistica di quel tipo pare più adatta all’esaltazione delle diversità che alla ricerca di possibili convergenze. Vedremo presto.
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