Spunti interessanti nella riforma, imparare il latino apre a tesori sconfinati
sabato 18 gennaio 2025

Le parole di Valditara sui nuovi programmi scolastici hanno suscitato, come era prevedibile, un’infinità di reazioni, spesso più da tifoseria da stadio che da dibattito pubblico. Leggendo con calma e attenzione le parole del ministro io, che quella parte politica non l’ho votata, ci ho trovato invece degli spunti interessanti, condivisibili. E ho ravvisato anche qualche criticità, una in particolare.
Parto da quest’ultima: l’abolizione della geostoria. Quando era stata introdotta anche io, da prof di lettere, ero perplesso. Eppure ho dovuto constatare che questa disciplina ha degli elementi attualissimi ed interessantissimi. Collegare la geografia alla storia, dall’antichità ai giorni nostri, permette di aprire gli orizzonti e di comprendere fenomeni molto complessi. Ci vorrebbe molta più geostoria a scuola, soprattutto su temi caldi, che toccano le vite degli adulti di oggi e di domani. Penso alla nascita, allo sviluppo e all’espansione dell’Unione Europea, o a molti scenari del Medio Oriente. Una geostoria aperta alla geopolitica non può che aiutarci a meglio comprendere il mondo.

Trovo invece molto azzeccata l’insistenza del ministro sulla necessità di leggere tanto e di scrivere bene. La lettura è un processo estremamente complesso per il nostro cervello; praticarla di più significa sviluppare life skills decisive: l’empatia, in senso critico, il ragionamento complesso. Più capacità di sentire gli altri, più capacità di analisi di ciò che accade può renderci cittadini migliori, solidali, costruttivi. Ascoltare le storie ci rende più abili nell’ascoltare gli altri, nel comprenderne le azioni prima di giudicarle. Oggi, questo è più che mai fondamentale.

Ma anche la scrittura è decisiva: la povertà di parole, il non sapersi esprimere, è pericoloso. Non saper raccontare il proprio malessere, non trovare le parole per condividerlo, può trasformarsi in aggressività. Al contrario, scrivere bene ci consente di dire chi siamo, di trovare il nostro posto nel mondo, di diventare persone un po’ più risolte.

I dati lo dicono: in Italia si legge troppo poco e la capacità di scrivere è in picchiata. Io credo che molto del disagio giovanile venga anche da lì: leggere tanto e scrivere adeguatamente consente di viaggiare, di scoprire mondi nuovi, di conoscere ciò che ci appassiona, ciò che desideriamo. Desideri e passioni sono un ottimo antidoto al disagio, che invece diventa potente quando nulla accende il nostro interesse.

Un secondo elemento che trovo assolutamente positivo è il richiamo a un approfondimento dei contenuti della Bibbia. Non capisco davvero perché nessuno abbia niente da dire quando si parla dell’importanza dello studio dell’epica, ma sulla Bibbia tutti sobbalzino. L’epica omerica, ad esempio, ha i suoi valori, alcuni certo superati e brutali, ma è un patrimonio culturale imperdibile. Nessuno penserebbe di censurare l’Iliade, si tratta di leggerla contestualizzandola e con senso critico. Lo stesso vale per la Bibbia. C’è sulle storie della Bibbia un analfabetismo spaventoso, ed è un vero peccato. Per vivere in Italia e in Europa, per accedere alla cultura italiana ed europea, studiare la Bibbia è fondamentale. E non parlo affatto di fede religiosa o di valori cattolici, ai quali si deve aderire o meno con assoluta libertà. Parlo di cultura, appunto: conoscere la Bibbia significa saper decifrare gli affreschi della Cappella Sistina e un’infinità di opere d’arte, significa comprendere nel profondo i riferimenti presenti in moltissimi letterati, cristiani o meno, da Dante a Montale. Come i poemi omerici e lo studio delle poleis ci consentono di scoprire le origini della civiltà europea, così lo studio della Bibbia ci può portare a comprendere gli archetipi e il codice culturale che sottostà al nostro mondo.

Infine, un accenno al latino. Molti gridano che il latino è inutile a livello pratico. Forse è vero; ma allora è inutile anche contemplare un capolavoro in un museo, è inutile anche commuoversi per una poesia. Ci sono azioni apparentemente inutili, che però sono più utili di quelle che hanno una utilità immediata, perché formano la mente, aprono il cuore, sviluppano la sensibilità, permettono di allargare la nostra capacità di sentire il mondo. Leggere in latino Virgilio, Ovidio, Lucrezio, Catullo, mi ha reso una persona migliore. Il latino è la nostra lingua madre: l’italiano non è che il latino parlato oggi in Italia. Il latino è stato per secoli la lingua di cultura più importante dell’occidente: conoscerlo significa accedere a un tesoro infinito, comprendere i meccanismi di tante lingue contemporanee per impararle meglio, dare nutrimento alle nostre radici. Perché senza radici non c’è futuro. Ben venga, dunque, ampliare la possibilità di proporlo. Anche se costa fatica: perché una fatica di cui si sa cogliere la meta è gustosa e ricca di significato.

Insegnante e scrittore


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