domenica 28 agosto 2011
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Arriva il ciclone, è arrivata la crisi, ingigantisce. E i cristiani? Dal Meeting appena chiuso a Rimini arriva una strana parola, in controtendenza: Certezza, la vita diventa una immensa certezza. Ma il ciclone, la crisi? e come si fa a esser certi, a venti, trenta e anche a settant’anni, e certi di cosa?Magari non si sa bene cosa è la certezza. E i soliti faranno ironia su questa parola. Ma si è visto a Madrid come a Rimini: sono uomini certi a mobilitare le risorse migliori. A Madrid e a Rimini decine di migliaia di giovani si muovono non per puro divertimento, non per distrarsi, non per scappare dal mondo tristo che troppo spesso vedono tra gli adulti e nei loro occhi. Si muovono per seguire un’ipotesi affascinante: la vita è una promessa di grandezza che non si perde. Si muovono per imparare e costruire nei campi della cultura, dell’economia, della politica. Ci sono l’uragano, la crisi. E ci sono i tanti uragani e le tante crisi che attraversano il cuore di ognuno, facendone come diceva il genio cattolico di Manzoni un «guazzabuglio». Ma davanti all’uragano, dentro la crisi si può stare in due modi: con una giovinezza del cuore o con una vecchiezza. La giovinezza del cuore è data dalla presenza di una continua ripresa di ideale, da un desiderio di bene che nessun cinismo oscura. La giovinezza del cuore è il segreto di chi non ha abbandonato il desiderio di bene. Chi ha questa giovinezza del cuore chiama intorno a a sé le risorse migliori, i giovani più desiderosi di bene.Sono quelli che fanno crescere la speranza, la lena contro ogni malora. La vecchiezza invece assale – non importa a che età – coloro che con un velo di mestizia negli occhi si concentrano sul limite, sulla debolezza propria e altrui. Sono quelli che fanno crescere l’amarezza. Quelli sempre pronti a criticare. A non credere più a niente, a ridurre tutto a un triste e poco interessante gioco di opinioni. Diciamolo, sono quelli che pensano che tanto tutto è relativo. Nel senso che non c’è niente che ha un valore assoluto. Niente per cui vale la pena vivere e morire. Nessuna certezza, nessuna verità. Solo stanca perplessità. Che ferma i cuori, ferma il mondo. Lo invecchia. Il relativismo invecchia, la certezza muove speranze e alimenta il futuro. I cristiani sono il sale della terra, una presenza saporita, ma non perché siano i più bravi. Niente è così trito e insapore come i cristiani che si mettono a fare i farisei.A Madrid a Rimini si è vista una fede vivente.Imperfetta forse, e con tante incoerenze. Ma vivente. E si è vista una speranza per tutti. La natura umana, infatti, come rilancia il titolo del Meeting del prossimo anno, è un legame con l’infinito. È una dignità senza fine e un desiderio che non ha limiti nel cercare qualcosa che veramente lo compia. Lo hanno visto gli spagnoli, i musulmani e le persone di ogni genere invitati al Meeting, gli osservatori meno ottusi, i politici più orientati al bene comune, come il presidente Napolitano. Di fronte a una platea convocata da gente cattolica, aperta e internazionale, ha alzato il suo discorso fiero e speranzoso per l’Italia.Una responsabilità per chi come lui ha il timone in mano. E un compito per chi a Madrid o a Rimini ha mostrato il volto giovane e vivo di una certezza che percorre le strade del mondo e del cuore contemporaneo.
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