venerdì 6 marzo 2015
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Caro direttore, la vicenda delle benedizioni pasquali offerte, accolte e contestate alle scuole Fortuzzi di Bologna merita, credo, di essere immersa nel suo contesto locale: come i tortellini, che – ogni bolognese lo sa – andrebbero mangiati in brodo e non “asciutti”. Dunque, bisogna sapere: 1) Che sull’Istituto comprensivo in questione insistono studenti residenti nei quartieri di Sudest che, per tradizione culturale e composizione sociale, sono più vicini al centrodestra che al centrosinistra: i quartieri resi famosi per il fatto che, nel 1956, preferirono votare il comunista Dozza piuttosto che il democristiano Dossetti perché percepivano quest’ultimo troppo “a sinistra”. 2) Che due delle tre scuole che ne fanno parte costituiscono, per le famiglie residenti, il percorso prediletto e obbligato di accesso dei propri figli al liceo classico che sta al centro del centro del quartiere, a sua volta tappa imprescindibile della formazione della classe dirigente locale non comunista. 3) Che invece il plesso Fortuzzi, dal quale parte la contestazione alle benedizioni e che è ubicato all’interno della piccola Central Park cittadina, è invece una sorta di enclave dell’altra classe dirigente, quella che per tradizione culturale guarda alla sinistra anche radicale, e che normalmente forma i propri figli iscrivendoli ad alcune, distinte scuole di primo e secondo grado ubicate a Sudovest, compreso, al centro del centro del quartiere, l’altro liceo classico. 4) Che le associazioni che sostengono gli 11 insegnanti e i 7 genitori che hanno intentato ricorso al Tar contro le benedizioni pasquali hanno una lunga e nel tempo sempre più solitaria tradizione di «difesa della scuola laica» anche dove non si vede alcun «attacco». 5) Che il presidente del Consiglio di Istituto messo sotto accusa per la decisione di ospitare le benedizioni pasquali è un Prodi: un cognome che a Bologna induce ma anche costringe chiunque lo porti ad assumersi responsabilità sociali, salvo poi esporlo a pregiudizi d’ogni sorta. 6) Che infine potrebbe persino accadere che il rapporto con la religione abbia il suo peso nella prossima campagna elettorale, se è vero che l’opposizione candiderà un politico di area cattolica di rilievo nazionale (Galletti), e che il probabile candidato della maggioranza nonché sindaco uscente (Merola) ha recentemente annunciato (titolo del Corriere di Bologna): «Sì, ero stanco. Poi il Papa…». Ecco, direttore, questo è il contesto della vicenda. Una “gallina vecchia” bolognese, che, smentendo il proverbio, non fa più, da tempo, un buon brodo. Italo Silvestri, Bologna Giusto, giustissimo, caro signor Silvestri, far comprendere il contesto in cui è maturata l’iniziativa censoria e propagandistico-giudiziaria contro le benedizioni pasquali in tre plessi scolastici bolognesi. Trovo perciò davvero utili le “coordinate” che lei ci offre, e appropriata la sua garbata ironia. Annoto soltanto che, in ogni caso, la sostanza della questione è chiarissima: c’è chi non perde il vizio di voler negare rilevanza culturale e pubblica cittadinanza – comunque essa si esprima – al fatto religioso, con particolare e incresciosa veemenza quando quel fatto è cristiano cattolico. Gente isolata, lei dice, anzi «sempre più solitaria». Lo spero bene... Ma ammetto che non saprei dire come sentenzierà il tribunale che è stato coinvolto con allarme e un’indignazione per l’«attacco» e la «discriminazione» portati a suon di benedizioni che, per esempio, sarebbe meglio spesa nei confronti di quanti, a poca distanza da casa nostra, perseguitano e discriminano davvero i cristiani e i fedeli di altre religioni... Proprio così, caro amico, non so come finirà nonostante solidi (e riconfermati) princìpi del nostro ordinamento e di fondamentali Dichiarazioni e Convenzioni internazionali presìdino la rispettosa significanza della fede, dei suoi segni e dei suoi gesti nelle vicende delle persone e dei popoli e – non solo nel caso italiano – anche nei luoghi delle comunità. E però so già che l’aspra pretesa anti-cattolica dei ricorrenti al Tar per il “caso Fortuzzi” si giudica da sola. E non soltanto agli occhi dei credenti, ma al cospetto di ogni libera e civile coscienza.
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