il patto sul futuro dell'Onu: serve il coraggio di cambiare
mercoledì 11 settembre 2024

Qualcuno crede ancora in un futuro fatto di pace, di eliminazione della povertà estrema, di riduzione delle disuguaglianze, di rispetto dell’ambiente, di cooperazione internazionale, insomma di sviluppo sostenibile? Anche molti lettori di questo testo forse considerano un simile scenario improbabile, ma, nonostante quanto osserviamo intorno a noi, c’è chi crede ancora sia possibile realizzarlo e raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile sottoscritta all’Onu nel settembre del 2015. E chi sono questi sognatori?

La risposta, forse sorprendente per alcuni, è: i Capi di Stato e di Governo di tutto il mondo, compresa Giorgia Meloni, che il 22-23 settembre si riuniranno a New York nel “Summit del futuro” per approvare il “Patto sul futuro”. Si legge nel preambolo del Patto: «Ci troviamo di fronte a crescenti rischi catastrofici ed esistenziali, molti dei quali causati dalle scelte che facciamo. Gli altri esseri umani stanno sopportando terribili sofferenze. Se non cambiamo rotta, rischiamo di precipitare in un futuro di crisi e crolli persistenti. Ma questo è anche un momento di speranza e di opportunità». Per questo, solo attraverso un rafforzamento del multilateralismo e una profonda riforma dell’Onu e delle altre istituzioni internazionali, specialmente di quelle finanziarie, si potrà contrastare l’aumento delle tensioni geopolitiche.

Il Patto, riconoscendo che gli attuali squilibri di potere e le diseguaglianze nel mondo sono determinati da ingiustizie storiche, in particolare nei confronti dell’Africa, prevede la riforma del funzionamento del Consiglio di sicurezza dell’Onu, della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale così da dare un ruolo maggiore ai Paesi attualmente sottorappresentati. I leader si impegnano ad affrontare queste e altre tematiche nel corso di due Summit programmati per il 2025, quello sulla finanza per lo sviluppo di inizio luglio e il Summit sociale di novembre, dal quale emergeranno le azioni necessarie per assicurare il diritto alla salute, all’educazione di qualità, al lavoro dignitoso, all’accesso a sistemi di protezione sociale per tutti.

Allegata al Patto è la “Dichiarazione sulle future generazioni”, in cui si evidenzia l’urgenza di fornire risposte efficaci a livello globale per rispondere a una crisi ambientale che rischia di pregiudicare per sempre le possibilità di un futuro prospero per l’umanità. La Dichiarazione, articolata in principi e specifici impegni, rappresenta una novità assoluta in ambito internazionale. Sul piano teorico, l’Italia appare in linea con lo spirito della Dichiarazione, avendo inserito nel 2022, tra i principi fondamentali della Costituzione italiana, la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità «anche nell’interesse delle future generazioni». Su quello pratico, però, gli impegni che l’Italia sta per sottoscrivere sono potenzialmente rivoluzionari, in quanto i leader si impegnano a promuovere «il pensiero e la pianificazione a lungo termine», ad adottare «riforme istituzionali che garantiscano un processo decisionale basato su scienza e dati», a introdurre «forme di governance anticipante e previsione strategica» per rendere l’azione dei governi più reattiva alle opportunità, ai rischi e alle sfide future, ad «attivare un approccio partecipativo che coinvolga nelle decisioni le organizzazioni della società civile, il mondo accademico, la comunità scientifica e tecnologica, il settore privato, incoraggiando l’istituzione di partenariati intergenerazionali». Per favorire l’attuazione concreta della Dichiarazione, l’Onu fornirà supporto agli Stati membri e verrà nominato un «inviato speciale per le future generazioni», mentre lo stato d’avanzamento delle iniziative verrà discusso nel 2028.

L’ASviS ha incalzato gli ultimi tre governi, compreso quello in carica, formulando proposte in linea con la Dichiarazione. Certo, se nei prossimi mesi venisse approvato il disegno di legge del governo per introdurre la valutazione d’impatto intergenerazionale delle nuove normative, se il governo utili zzasse la prossima legge di bilancio per istituire un “Istituto di studi sul futuro”, se nominasse un “inviato speciale per le future generazioni” come farà l’Onu, se istituisse la giornata della giustizia intergenerazionale (da celebrare il 22 febbraio, data di entrata in vigore delle modifiche costituzionali) allora darebbe un segnale di considerare il “Patto per il futuro” non un pezzo di carta, ma una guida per contribuire, nonostante tutto ciò che ci circonda, a migliorare il mondo.

Direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo SviluppoSostenibile (ASviS)


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