sabato 25 giugno 2016
Dopo la Brexit: il grande vaccino
COMMENTA E CONDIVIDI
È vero: è utile che certi scandali avvengano. E utilmente scandalosa può rivelarsi persino la rovinosa rottura tra Unione Europea e Regno Unito, anzi: mezzo Regno Unito, meglio: un Regno Unito più che dimezzato. A rischio di esser fatto a pezzi dai calcoli referendari sbagliati di politici presuntuosi, dai montanti rimpianti di moltitudini di sudditi di Sua Maestà britannica che sono e intendono restare europei e, dal fiorire di secessioni ideali (e forse non solo) dalla secessione che è stata chiamata Brexit. Lo scandalo può rivelarsi utile perché, in questo lungo fine settimana di giugno, nell’anno sessantacinquesimo del cammino comunitario, milioni e milioni di cittadini della Ue e, inevitabilmente, più di un capo di governo e di partito si stanno interrogando sul serio – si spera duramente – su che cosa è stata e su che cosa è l’avventura complicata e bella dell’Unione. E su perché troppi di noi, in alto e in basso nella scala del potere, oggi stimino così poco e così male custodiscano questa straordinaria e pacifica sovversione di una secolare storia politica di negazione delle radici comuni, di eccitazione degli antagonismi, di ostruzione di porte e di costruzione di recinti, di scatenamento di guerre. L’abbiamo scritto un’infinità di volte: l’Europa ha bisogno di un ricominciamento. Di più: ha bisogno, in senso letterale, di una rivoluzione. Cioè, di tornare allo spirito e ai valori-guida che all’inizio del cantiere erano ben chiari a De Gasperi, ad Adenauer, a Schuman e a Spinelli. E lo scandalo della Brexit può esserne motivo. Può davvero accendere e tenere viva una ritrovata e vasta consapevolezza, può sgombrarci gli occhi per leggere e condividere la formula del "grande vaccino" al male oscuro dell’Unione che nacque – e deve tornare a essere – Comunità, un male che si manifesta con l’arcigna degenerazione economicistica e burocratica e le derive individualiste e nazionaliste che, insieme, esaltano dettagli e interessi particolari e tutto riducono a cifra, quota, parametro. Anche le persone e tutta la loro vita dal primo inizio all’ultimo istante. Anche il giusto esercizio della cittadinanza. Anche la difesa dei diritti fondamentali di ogni uomo e ogni donna, ovunque siano nati, che la civiltà europea, a lungo alimentata dalle sue radici giudaico-cristiane e dal progressivo affermarsi di una laicità positiva, ha contribuito a definire e a diffondere. Ma non si scuoterà l’Europa, e non si salverà, se anche stavolta si concentrerà sui saliscendi dei titoli di Borsa (e dei titoli dei giornali simmetrici a quelle logiche). Se si farà incantare dalle sirene e dalle dinamiti dei mercati, se si consegnerà di nuovo alla falsa frenesia e alla vera perfidia delle sibille che governano listini e destini, armate degli algoritmi da incubo del massimo profitto e del minimo rispetto umano. Perché l’Europa o è per la persona o non è. Dicono che è un sogno. Ma l’Europa è questo sogno.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: