sabato 1 novembre 2014
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Ti sono grato, caro padre Mauro, per una lettera-appello, che riga dopo riga si è rivelata molto di più. Le parole che hai trovato e meditato sono uno specchio originale e profondo dei fatti, delle informazioni e dei pensieri che cerchiamo di condividere su questo giornale in questo tempo prezioso e duro (che è tempo di Dio eppure interamente nostro, e dunque non meno difficile e non meno bello di ogni altro tempo dell’uomo e della donna). C’è da raccontare di chi non si arrende, e continua a costruire, e procede nella semina di un’umanità nuova, ma c’è anche da portare alla luce tutto ciò che è essenziale per smascherare le trame dei distruttori, coloro che il Papa – ieri, al Verano – ha chiamato «i devastatori». C’è da dare voce agli sfruttati, ai dimenticati e agli assassinati dagli «idolatri» del denaro e delle ideologie (finanzieri senza morale, narcos e mafiosi d’ogni risma e paese, politici miopi o ignavi o corrotti, imprenditori cinici, convertiti all’indifferenza, religiosi fanatici e senza Dio come quelli che imperversano in Iraq e in Siria, ma avvelenano anche il “tuo” Niger…).

Per questo scriviamo delle nuove e vecchie schiavitù che vengono lasciate proliferare, delle persecuzioni che nessuno ferma e troppi ricominciano, degli uteri in affitto e delle vite cancellate, espropriate e mercanteggiate prima e dopo la nascita. Per questo insistiamo a scrutare e comprendere i limiti che intacchiamo e superiamo per scienza, per fede e per amore e vorremmo contribuire a tener vivo il senso (la cultura, dici tu) del limite che invece si tende a rimuovere per incoscienza, per cupidigia e per delirante e persino disumana pretesa di onnipotenza. Per questo la nostra fatica d’informare e di prendere posizione ci viene spesso rinfacciata dai cultori di quello che tu – prete e antropologo, uomo di resistenza e di preghiera, missionario – chiami il «doppio linguaggio»: il linguaggio di una libertà irresponsabile, che infine non preserva neanche se stessa e si fa a solo libertà di vendere e comprare, di manipolare, di intossicare, di distruggere. La natura e gli esseri umani. Grazie perché questa tua lettera-appello ci risarcisce. Ci offre, in ogni riga, il respiro del Padre e una consapevolezza di figlio fatto adulto e mantenuto bambino da una vocazione umana e una fedeltà cristiana accettate con aperto dolore (per le ferite, le vertigini e le ingiustizie che segnano questo mondo) e con gioia evangelica (per la concreta possibilità del cambiamento e della salvezza). Ci incoraggia a continuare a indagare e a dire ciò che mai abbastanza è indagato e ciò che mai è detto una volta per tutte. E ci dice che vale la pena di imparare a vivere in un altro modo, per custodire e fare migliore il mondo. È questo il limpido dovere umano (non ci sono solo i diritti, vecchi e nuovi, veri o presunti) al quale, senza posa, ci chiama la predicazione forte e davvero cattolica, cioè universale, di papa Francesco. È un dono, caro padre Mauro, che anche le tue parole arrivino a rincuorarci e a spronarci da una “periferia” del mondo, da un lembo d’Africa che pochi conoscono e quasi nessuno considera. Tu ci confermi che proprio da lì, con occhi giusti e mai arresi, si vede bene. Proprio bene.

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