venerdì 7 agosto 2015
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​Difficile dire quanti dei politici italiani ed europei, soprattutto tra quelli inclini all'invettiva contro lo straniero "clandestino", sappiano almeno qualcosa della condizione di vita dei rohingya, migranti per forza (cioè per persecuzione) dalla natia terra birmana perché "diversi" per etnia e per religione (islamica) e ridotti a boat people, derelitto popolo delle barche e degli approdi sempre provvisori, perché da nessuno accolti. Difficile capire quanti tra tutti costoro, così carichi di responsabilità e anche capaci di facili indignazioni, stiano prestando ascolto agli ennesimi, terribili racconti delle sevizie fisiche e delle sofferenze morali impartite con metro razzista dai trafficanti di esseri umani e patite da profughi e migranti che ancora una volta hanno sfidato la morte, attraversando il mare, per bussare alle soglie d'Italia e d'Europa. E difficile, difficilissimo, persino cogliere quanti stiano riflettendo e, come anche noi abbiamo fatto, stiano piangendo sullo stillicidio di morti di sole e di fatica degli uomini di un altro mondo (il Terzo, lo chiamano) che hanno accettato, per fame di dignità e di futuro, di sfiancarsi in lavori che troppi italiani ed europei di "serie A" considerano ormai da alieni.Difficile dire tutto questo perché il silenzio dell'indifferenza è incrinato quasi solo da battute polemiche d'occasione, un fruscio gelido e ostile o, all'opposto, caldo e comprensivo che però non cambia in alcun modo lo stato delle cose e accompagna il perpetuarsi dell'ingiustizia e del dolore. Quelli che non parlano e che agiscono secondo umanità e giustizia, cioè secondo la legge e secondo il diritto che precede la legge, e dunque secondo coscienza, riescono invece a farsi sentire benissimo e siamo grati a tutti loro. In particolare, agli uomini e alle donne della Guardia costiera italiana, delle Marine impegnate nel Canale di Sicilia, della Polizia e ai volontari che – partendo da Malta – hanno ripreso a costruire un pezzo di operazione Mare Nostrum “dal basso”, con regole d’ingaggio esemplari, umanamente scintillanti.E il grazie a loro si fonde più che mai con il grazie a papa Francesco per aver scolpito ancora una volta in una semplice frase, capace di essere intesa da chiunque in ogni angolo del pianeta, la verità che serve per uscire dai tunnel terribili e spesso mortali dei respingimenti ciechi, dei pregiudizi, delle frasi fatte, degli affilati sospetti e delle colpevoli inazioni. Non difendere, non sostenere e non accogliere coloro che sono profughi – ha detto Francesco, riferendosi ai rohingya e al loro straziante peregrinare per mare e per terra tra Myanmar, Bangladesh, Thailandia, Malaysia e Indonesia – «è guerra, si chiama violenza, si chiama uccidere». È prezioso per ogni uomo e ogni donna di buona volontà che questo appello sia risuonato durante un discorso a giovani cattolici di decine di Paesi differenti e di tutte le lingue, nel quale il Papa è tornato sulla tragedia delle minoranze religiose ed etniche, cristiane e non solo, che continua nel Vicino Oriente e anche in queste ore conosce a causa dello Stato islamico nuovi culmini di sopraffazione e violenza. Una tragedia che costringe famiglie e comunità intere a sradicarsi con tormento dalla propria terra. Sono questi orrori a "fabbricare" i profughi e chi non sa e non vuole vederli è senz’anima e senza coraggio. E chi, in Italia come in qualunque altra parte d'Europa e del mondo, capovolge addirittura la disperazione di questi perseguitati in atto di «invasione» è – e la storia lo marchierà inesorabilmente così – di fatto un complice attivo di dittatori, sfruttatori, trafficanti e tagliagole.Siamo stanchi di questa politica vuota di ideali e di sagge iniziative che gioca a svuotare il cuore della gente per riempirlo di risentimento. Di questi politici che magari, come ieri Matteo Salvini, sembrano aver imparato un po' di formali buone maniere, ma continuano a chiamare sprezzantemente “clandestini” altri essere umani, insistono a spacciare le favole false, feroci e tristi dei migranti trattati da "signori" a scapito dei poveri di casa nostra e non si vergognano di presentarli, a giorni alterni, come sfaccendati assoluti o come pericolosi rubalavoro.Siedono in Parlamento, hanno diritto di parola e di voto in Europa, governano: si decidano a fare ciò che è giusto e la smettano di parlare a vuoto. Per far finire affari e tragedie sulla pelle dei perseguitati e dei poveri non servono bombe, servono corridoi umanitari presidiati dall’Onu e, nel nostro caso, dalla Ue. Servono idee chiare e la consapevolezza che il cinismo uccide tanto quanto esplosivi, mitra e coltelli.
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